Prima di andarsene, sua madre gli aveva lasciato anche le lacrime. Han si toccò una guancia con le dita e le buttò via, poi s’infilò il biglietto in tasca, si strinse lo zaino sulle spalle e si avviò senza voltarsi indietro.

In genere, quando sua madre non c’era, trascorreva gran parte del tempo sotto la sorveglianza di Yoyo, il che comportò una riduzione delle sue sortite esterne. Smise di spiare le ragazze alla fermata e di rubare la frutta, se ne stava tutto il giorno ad aspettare. A volte sua madre rientrava e lo rimproverava del disordine in cui era immerso il seminterrato. «Passi troppo tempo a letto, qui è tutto sporco!»

Han non sapeva dirle che, se avesse avuto qualcosa da fare fuori da lì, forse la casa sarebbe stata più pulita. Le giornate si erano allungate, per strada sprizzava una luce azzurrina che al tramonto lasciava senza fiato. «Stai attento dove vai» gli dava addosso lei. «Se ti trovano i servizi sociali, sarà un guaio per tutti noi.»

Era evidente, anche se lei non lo avrebbe mai ammesso, che averlo tra i piedi stava rendendo la sua vita sempre più complicata.

«Perché non mi rispedisci da papà?» gli aveva chiesto a bruciapelo lui una volta dopo l’ennesimo rimprovero. In effetti, quel pensiero gli ronzava in testa da un po’. Sul Vesuvio avrebbe ripreso la sua routine da invisibile in altro modo, fino al giorno in cui avrebbe compiuto diciotto anni, ma almeno non se ne sarebbe stato a marcire in un fetido seminterrato alla periferia di una cittadina dell’hinterland immersa nel nulla.

«Perché tuo padre non ti vuole» rispose lei serafica.

«Altrimenti che ragione avrei avuto di tenerti con me in questo posto di merda?»

I bambini invisibili, i cosiddetti fantasmini. Quelli di cui nessuno si occupa, quelli, della cui esistenza nemmeno le istituzioni sanno.

Sono bambini che vivono ai margini delle città o rintanati in vecchi edifici nell’hinterland. Bambini della cui nascita non c’è nemmeno traccia nei registri dell’anagrafe; bambini che non vanno a scuola altrimenti i servizi sociali scoprono la loro esistenza e per i genitori, spesso senza i documenti in regola, sono guai eri e poi glieli portano via.

Han è figlio di due cinesi. Il padre abbandona la madre per un’altra donna.

Malgrado faccia di tutto per mantenere dignitosamente il figlio, spesso si scontra con lui dandogli l’impressione che è un peso, che non lo vorrebbe con lei. È una donna sola e disperata che fa di tutto per sbarcare il lunario e non finire nei guai con la giustizia.

Hans dall’alto dei suoi 11 anni non riesce a capire, quando la madre lo porta in una casa a lui sconosciuta, insieme ad altri bambini nella sua stessa situazione, e parte dicendogli che tornerà a riprenderlo a ferragosto. Gli lascia un vecchio cellulare sul quale gli manda dei messaggi. Poi all’improvviso non arrivano più soldi non arrivano più messaggi.

Malgrado si senta abbandonato dalla madre, riuscirà a districarsi nelle varie situazioni in cui si troverà invischiato.

A dargli coraggio sarà Nina, una ragazzina dal corpo martoriato da una strana malattia. Insieme affronteranno le dure prove che la vita gli mette in serbo.

Anche questa volta la penna di Massimiliano Virgilio è in grado di raccontare vicende di bambini “fantasma”, di cui quasi nessuno ne parla e di cui spesso le istituzioni non sono in grado di migliorarne la vita, con una prosa e una narrazione in grado di scalfire i cuori più duri e far lacrimare gli occhi del lettore.

Una bellissima lettura.