Credeva a tutto quello che non si vede. Credeva al destino già scritto, all’anima che vive dopo la morte, al malocchio che colpisce, all’invidia che affama, a certi pensieri che spostano gli oggetti, alle voci dei defunti, ai sogni che si avverano, al potere misterioso della luna, alle vite che non sono accadute ma che lo stesso ci perseguitano.

Era sempre questione di tempo: tutto prima o poi si ricomponeva secondo la propria natura. …

Credeva alle sensazioni che increspano la pelle, alle sue suggestioni che ingombrano i pensieri e diventano predizioni, al futuro che si mostra nel volo degli uccelli, alla sorte dipinta sulle carte.

Credeva ai fili invisibili che legano le cose del mondo, dai fiori alle stelle: credeva alla sopravvivenza dell’anima, alla memoria degli oggetti, al patto segreto che congiunge i vivi e i morti, ai nomi che sono destini.

Nel vuoto che le stava intorno sentiva qualcosa di tutte le vite passate che erano rimaste lì, impigliate. Come quando sui rami spogli degli alberi vedeva intrappolata qualche piuma di un uccello.

Liberata credeva che le persone lasciassero sempre un segno del loro passaggio, che i sogni cambiassero le vite, che i pensieri modificassero le azioni, che causa ed effetto non riguardassero solo i fenomeni sensibili, che certe malattie del corpo era la mente a procurarle.

Non tutte le storie cominciano nel modo giusto, che forse, a volte capita che i registi sbaglino a distribuire ruoli offrendoci una parte che non ci appartiene, una vita per la quale non eravamo tagliati, e però noi dobbiamo starci dentro lo stesso, essere più credibili che possiamo.

Non cambiava mai Liberata, sempre in bilico con le sue verità velate, sempre pronta a dosare fatti e fantasie alla ricerca del compromesso indolore che accontentasse la curiosità del mondo e la sua vocazione al silenzio.

Attraversare la vita senza urti era la sua missione.

I conti si fanno sempre alla fine, e Liberata aveva una fiducia cieca nel futuro. Era così convinta che un giorno gli indizi e i segni che raccoglieva nel mondo avrebbero mostrato il loro significato che a volte arrivava perfino a rimpiangerlo. Certe fantasticherie sono così intense e definite da essere vissute alla stregua di eventi concreti.

Siamo quello che vediamo. Di più. Coincidiamo con i nostri occhi. Dei sensi dei quali il suo corpo godeva, quello che passava dalla vista era il suo preferito. Avrebbe potuto fare a meno di ascoltare il mondo, avrebbe potuto rinunciare a toccarlo, annusarlo, gustarlo, avrebbe perfino smesso di parlare, che anche gli insetti non hanno parole eppure comunicano meglio degli uomini.

Si odiano i machi e le femmine dei ragni. Stanno lontani. Se potessero vivrebbero in universi paralleli. Ma non decidono tutto. Non possono decidere tutto. Nessuno può farlo. Qualcosa accade. Improvvisamente. C’è un attimo in cui i ragni s’incontrano come se smarrissero memoria della loro condizione, o forse chissà, recuperassero quella autentica e perduta; un attimo in cui la femmina dimentica la propria ferocia e il maschio i propri timori.

….. ogni giorno c’era un problema, un dubbio, un pensiero triste, un presagio d’ombra, e ogni volta non faceva in tempo a gioire della risoluzione del nodo che subito un altro la faceva inciampare. Erano i suoi occhi a sbagliare: …. Aveva dimenticato come si guardano gli uomini.

Il vuoto che sentiva adesso, invece, era colpa della realtà. Per un momento aveva accantonato l’invisibile e ceduto a tutto ciò che si vede. Aveva provato come il resto dell’umanità ad abbandonarsi alle combinazioni del mondo, ma aveva fallito, e adesso il prezzo da pagare era un dolore che mangiava il fiato. Non s’impara a vivere per il solo fatto di essere vivi.

 

Liberata sin da piccola ha imparato a riconoscere i segni che la vita le metteva sul suo cammino. Fosse una foglia posizionata in modo insolito o la striscia di una ruota lasciata sul selciato, un insetto in un giardino o la foto su una rivista. Da questi segni, che la vita le metteva lungo il suo percorso, ne ha tratto insegnamento per districarsi o non imbattersi in situazioni poco piacevoli. Situazioni che sapeva non avrebbero portato nulla di buono.

Poi un giorno incontra Luvio, le sue capacità di vedere e credere “all’invisibile” le mette da parte e si fa trascinare nel vortice di questo amore che sin dall’inizio la fa vivere in pensiero e non spensierata. Ogni volta che una situazione va a posto se ne presenta subito un’altra. Agli occhi degli altri Luvio è il ragazzo che ogni madre sogna per la propria figlia, ma Liberata sogna un amore come quello dei fotoromanzi, sogna un uomo come Franco Gasparri il protagonista che ha rubato il suo cuore di lettrice.

Un po’ romanzo, un po’ giallo, un po’ un racconto anche questo libro merita di essere letto perché c’è sempre un po’ di magia nei libri di Domenico Dara ma non quella del mago che tira fuori un coniglio da un cappello a cilindri, no! È la magia della vita, tutti quei segni che la vita ci invia ma che solo a pochi è fatto dono di vedere è Liberata è una di queste.

Un libro con una prosa che spazia dalla poesia alla teatralità.

Liberata di Domenico Dara, L’istinto non sbaglia mai

Liberata
di Domenico Dara
Feltrinelli 2024 (385 pp.)