Osannato e al contempo criticato nientepopodimeno che da un colosso del cinema come Tarantino, il film horror indipendente di David Robert Mitchel fa parlare di sé anche in Italia.
Dopo un rapporto sessuale, la diciannovenne Jay si ritrova costretta a combattere con un incubo, uno spirito mutevole dall’aspetto umano e non ; un segugio di cui ci si può liberare attraverso l’inganno, trasmettendolo alla prossima vittima ignara.
Mitchell ha confezionato una vera perla, un horror raro dal punto di vista tecnico. Fotografia e montaggio vanno a braccetto con eleganza e raffinatezza. La trama pare di conoscerla da tutta la vita, eppure Mitchell ci fa notare che nessuno fino ad ora aveva girato un horror che gravitasse attorno al sesso con tanta leggiadria.
It Follows è anche un film pronto a cadere al primo ostacolo. Bisogna ripulirlo da ogni tipo di lettura moralista sul sesso non protetto e sull’amore che dura un paio d’ore. Ci risulta difficile credere che questo signore ci stia davvero facendo la predica su come bisogna vivere in modo sano le relazioni. Liberato da questa prima accusa, il film va difeso anche da coloro che lo mettono a nudo, definendolo un nulla che si veste d’ autorialità . Il film d’autore, se in questi termini vogliamo definirlo, è preparato come pochi del suo genere. L’attesa è palpabile, l’angoscia è costruita tassello dopo tassello. Forse potrà stancare i cultori del cinema da pop corn abituati a micro-infarti repentini.
C’è tutto e non c’è nulla. Durante la visione sono poche le scene che fanno sussultare dalla poltrona. Tuttavia si è assillati da una continua presenza (il più delle volte assente) che la camera del regista fa presagire. “Eccolo, ora arriva” e magari non arriva neanche. Più complessa è la questione d’insieme perché Mitchell ha trascinato con se, oltre alla tecnica e alla storia passabile, una serie di problemi che guastano la festa.
Come fa giustamente notare il signor Tarantino, il film è preparato come fosse un capolavoro e termina con un tonfo nel banale. Una costruzione così accurata, preparata nei minimi dettagli termina con alcune ingenuità probabilmente evitabili. Tralasciando il finale patetico della piscina, Mitchell crea nella sua composizione un’entità talmente potente da non conoscere i mezzi con cui disfarsene. Non ci riferiamo solo al demone in se e per se di cui non sarà mai chiaro il punto debole, ma alla pellicola stessa. Un buon progetto che arriva a metà strada, si guarda le spalle soddisfatto e poi non sa come andare avanti. “ E ora?” Il regista chiude alla meno peggio, attracca al porto con il suo brillante veliero d’oro, ma lo fa con tutta una serie di falle e perdite.
Cancellate dalla mente il frastornante significato di “trasmissione” che il film potrebbe suggerire e godete della visione di un horror girato come mai se ne vedono in giro. Parliamo di horror, non di campagne di sensibilizzazione.