Se n’è parlato poco e se n’è parlato bene di questo Güeros, il film indipendente di Ruizpalacios, primo vero lungometraggio del regista messicano.

Una pellicola che, seppure in bianco e nero, si presenta come una tavolozza di colori per la vastità di temi trattati.

Il giovane Tomàs viene spedito da sua madre a città del Messico da suo fratello Fede. Il giovane ragazzo, che porta con se solo una cassetta audio con i brani di Epigmenio Cruz, condivide la vita di suo fratello e del suo amico Santos, tra rivoluzioni studentesche e le ricerche del cantautore caduto nell’oblio, idolo del giovane Tomàs, Epigmenio Cruz.

Güeros, traducibile con biondo, biondino, o comunque richiamo per quella testa diversa nel mucchio di cui si cerca l’attenzione, è un film-sottosuolo. Si striscia con Ruizpalacios all’interno della società messicana al termine degli anni novanta. Güeros racconta la rivolta studentesca e le occupazioni durate circa sei mesi nel 99; racconta amicizie e amori nati durante l’era rivoluzionaria. Narra la ricerca di un cantautore sconosciuto ai più, colui che, stando a quanto si dice, è riuscito a far commuovere Bob Dylan.

Documentaristico, drammatico, segue la linea di un comune on the road pur non essendolo totalmente. Güeros è un po’ di tutto. Non un minestrone addensato e spalmato su una fotografia raffinata e una ripresa poetica. Il tutto è ben dosato. La confezione sa quando procedere e quando deve frenare.

Ruizpalacios mostra grande abilità nel riuscire a sollevare la sua sceneggiatura con momenti di tensione, nell’usare la poesia, l’introspezione affatto spicciola e sentita, per poi, un istante dopo, sminuirsi con le sue stesse mani, sdrammatizzare e infangare le sue stesse parole, ancora una volta con elegante ironia.

Una visione miope del film può lasciare a bocca asciutta con la striminzita faccenda della rivoluzione universitaria. Güeros è un viaggio surrealista ma materiale, ossimoro filmato con freschezza giovanile.

La linearità non è di casa nella pellicola del regista messicano. Gradevoli le sfumature oniriche nelle splendide sequenze in bianco e nero. Un rinvio alla Nouvelle Vague dei sessanta, certo, ma non una banale imitazione di un’epoca cinematografica gloriosa. Geniale è mostrare chi ascolta le canzoni dello sconosciuto Epigmenio, senza riuscire mai ad ascoltare una nota da semplici spettatori. “ Non ho mai sentito nulla del genere”. E se Epigmenio canta come chi può solo osservare il mondo e le vite degli altri che corrono, forse solo con un pizzico di ironia e malinconia possiamo guardare chi sbraita a destra e sinistra, chi si strugge e prova a cambiare il mondo di continuo. Una negatività velata amichevole, saggia e composta, che per Ruizpalacios non possiamo comprendere fino in fondo; se non riusciamo ad ascoltare la musica è perché siamo sul treno che corre, e non in stazione.

Insomma, un esordio ben più che speranzoso quello di Ruizpalacios , un giovane Güeros del cinema indipendente che fa sperare bene per i suoi lavori futuri.