Presentato in concorso alla 73ª edizione del festival del cinema di Venezia, porta a casa un magro bottino, l’ultimo lungometraggio del francese François Ozon dal 22 settembre al cinema.Germania, 1919. Anna, vedova di Frantz, si reca ogni giorno sulla tomba del suo fidanzato deceduto durante la guerra, vive con i genitori acquisiti e trascina tristemente il resto della sua esistenza. Fà la sua comparsa l’enigmatico Adrien, un francese sedicente amico di Frantz. Tra l’odio razziale che infiamma gli abitanti del posto nei confronti dello straniero e le verità difficili da trattenere, la vita ormai appiattita di Anna prende strade inaspettate.

Se avete amato gli ultimi lavori di Ozon, in particolare gli ultimi tre ( Nella casa, Giovane e bella, Una nuova amica) e sperate di aggiungere Frantz al trio, potreste non essere troppo felici all’uscita della sala. Frantz è un ottimo film che forse non eccelle in originalità, trattato con i guanti gialli, sia nella tecnica che nella drammaturgia. La grande pecca dell’ultima pellicola del regista francese è l’assenza di quell’anima che nei precedenti lavori vi è impressa con la forza; manca il magnetismo, la provocazione, lo sconcerto. Insomma, manca Ozon.

Belli i giochi di luce e ombra offerti dalla mutevole fotografia (al di là dei pronostici, il parziale bianco e nero non va sofferto e risulta una buona trovata). Ottime le interpretazioni, con più eco quella della bella Paula Beer, vincitrice del premio Marcello Mastroianni per la migliore interpretazione femminile dell’attrice emergente. Un piagnone potrebbe dire qualcuno, ma un piagnone che ci sa fare eccome.

Ozon specula, approfitta di un contesto non proprio sconosciuto, così come le dinamiche di cui si serve per sottolineare tuttavia dettagli e particolari degni del suo nome. Palpabile è il desiderio di liberazione presente in tutti i personaggi scritturati dal francese. Mortificante il desiderio di Anna di tappare le falle del suo passato con la presenza di Adrien, scoprendo con dolore e rammarico di dover cercare la sua liberazione da qualche altra parte. Tema gravitazionale dell’intero dramma è la menzogna, argomento particolarmente vicino ad Ozon si direbbe, un nastro colorato che s’incastona perfettamente con le sue storie precedenti da questo punto di vista. Suggestiva la colonna sonora, purificante l’utilizzo dei dipinti di Manet che accompagnano emotivamente i viaggi dei due protagonisti.

Frantz è un film sì raffinato, che però necessità di un processo di ripulitura, di attesa e di scoperta. Ozon trattiene la sua vera natura fino alla fine, salvando tuttavia egregiamente la sua confezione nonostante sporadici cedimenti su imbarazzanti didascalismi da soap opera. Bello, ma ribadiamo, poco Ozon.