Nell’angolo sud-orientale del Messico, dove le acque del Pacifico lambiscono le coste dell’Istmo di Tehuantepec, esiste una comunità che sfida la nostra comprensione occidentale del genere. In questo giorno dedicato alle donne, volgiamo lo sguardo verso chi abita gli spazi intermedi, verso coloro che ci ricordano come la diversità umana sia ben più complessa e sfumata di quanto i nostri schemi binari possano contenere.
La terra dove nasce il terzo genere
Juchitán de Zaragoza, nello stato di Oaxaca, è l’epicentro di un fenomeno culturale antico quanto la civiltà zapoteca stessa. Qui, tra mercati vibranti e case dai colori intensi come i ricami dei loro abiti tradizionali, vivono i Muxe (pronunciato “mushe”), persone nate con caratteristiche biologiche maschili ma che incarnano un’identità di genere distinta, né completamente maschile né femminile, ma un’autentica terza categoria riconosciuta e rispettata nella società locale.
La parola “muxe” deriva probabilmente dal termine spagnolo “mujer” (donna), introdotto durante la colonizzazione, ma il concetto che rappresenta è profondamente radicato nella cultura precolombiana. Gli zapotechi, infatti, hanno sempre considerato la diversità di genere non come un’anomalia ma come una manifestazione naturale della ricchezza umana, un dono speciale da onorare piuttosto che reprimere.
Una tradizione millenaria in un mondo contemporaneo
Camminando per le strade di Juchitán, non è raro incontrare muxe che indossano con orgoglio l’huipil, l’abito tradizionale femminile decorato con fiori colorati e motivi geometrici. Altri preferiscono un’espressione più fluida, alternando abiti maschili e femminili a seconda dell’occasione o del proprio sentire. Questa varietà di espressioni riflette la verità fondamentale che l’identità muxe non è monolitica ma contiene in sé infinite sfaccettature.
Antropologi e studiosi di genere hanno osservato come la presenza dei muxe nella società zapoteca sfidi profondamente le categorizzazioni occidentali. Non si tratta semplicemente di persone transgender o omosessuali secondo le definizioni euro-americane, ma di un’identità culturalmente specifica che occupa uno spazio sociale riconosciuto e legittimato dalla tradizione.
“Essere muxe è un destino, non una scelta”, raccontano molti di loro. Le famiglie zapoteche spesso riconoscono i segnali nei bambini molto piccoli e, anziché reprimere queste tendenze, le accolgono con rispetto. Avere un muxe in famiglia è considerato tradizionalmente una benedizione, poiché queste persone sono apprezzate per la loro dedizione alla cura dei genitori anziani, per le loro doti artistiche e per il loro ruolo di mediatrici culturali.
I ruoli sociali e il contributo alla comunità
I muxe occupano posizioni di prestigio nella vita economica e sociale di Juchitán. Sono spesso abili artigiani, commercianti, stilisti e artisti. Molti gestiscono saloni di bellezza, creano elaborati abiti tradizionali o organizzano celebrazioni comunitarie. Il loro talento nell’arte del ricamo è particolarmente apprezzato, e gli huipiles realizzati dalle loro mani sono tra i più ricercati e costosi.
Ma il loro ruolo va ben oltre l’aspetto economico. I muxe sono stati storicamente custodi delle tradizioni zapoteche, preservando la lingua, i rituali e le pratiche culturali attraverso generazioni. In una società dove le donne hanno tradizionalmente un potere economico significativo (gestiscono i mercati e controllano le finanze familiari), i muxe completano questo equilibrio occupando spazi intermedi tra il mondo maschile e quello femminile.
Particolarmente significativa è la “Vela de las Auténticas Intrépidas Buscadoras del Peligro” (La Veglia delle Autentiche Intrepide Cercatrici del Pericolo), una celebrazione annuale che ha luogo ogni novembre. Questo evento, che mescola elementi cattolici e tradizioni indigene, è uno dei momenti più importanti di visibilità e orgoglio per la comunità muxe, attirando visitatori da tutto il Messico e dall’estero.
Le sfide contemporanee tra tradizione e modernità
Nonostante l’accettazione tradizionale, la vita dei muxe non è priva di sfide. L’influenza della cultura occidentale, del cattolicesimo conservatore e della mascolinità machista messicana ha creato nuove tensioni. Negli ultimi decenni, con l’aumentare della connessione di Juchitán al resto del mondo, alcuni muxe hanno iniziato a identificarsi con termini come “transgender” o “gay”, adottando linguaggi e rivendicazioni dei movimenti LGBTQ+ internazionali.
Questa evoluzione ha generato dibattiti all’interno della stessa comunità: alcuni muxe più anziani temono che l’adozione di categorie occidentali possa erodere la specificità culturale della loro identità tradizionale. Altri, specialmente i più giovani, vedono nella connessione con i movimenti globali un’opportunità per ampliare i propri diritti mantenendo al contempo le radici culturali.
Un tema particolarmente delicato riguarda l’accesso alle procedure mediche di affermazione di genere. Mentre alcuni muxe desiderano modificare il proprio corpo attraverso ormoni o chirurgia, altri sostengono che l’identità muxe tradizionale non richieda necessariamente una trasformazione fisica, essendo più legata al ruolo sociale che all’apparenza.
Un faro di speranza per la diversità globale
In un momento storico in cui le questioni di genere sono al centro di accesi dibattiti in tutto il mondo, la tradizione muxe offre un prezioso punto di riferimento. Dimostra che le società umane possono sviluppare approcci al genere radicalmente diversi dal binarismo occidentale e che l’accettazione della diversità può essere profondamente radicata nelle tradizioni culturali anziché rappresentare una rottura con esse.
Numerosi studiosi e attivisti hanno guardato alla cultura zapoteca come a un esempio di come le società possano integrare la diversità di genere in modo organico. Tuttavia, è importante evitare romanticizzazioni eccessive: anche in questa comunità esistono pregiudizi e discriminazioni, specialmente per quei muxe che sfidano le aspettative tradizionali sul loro ruolo.
La fotografa messicana Graciela Iturbide, con i suoi intensi ritratti in bianco e nero, ha contribuito a far conoscere i muxe al mondo. Le sue immagini catturano la dignità e la forza di queste persone, evitando sia l’esotismo che il sensazionalismo. Il suo lavoro ricorda che guardare ai muxe non significa osservare una curiosità antropologica, ma incontrare una comunità viva e in evoluzione, con le sue complessità e contraddizioni.
La lezione universale dei muxe
Ciò che i muxe ci insegnano, in definitiva, è che le categorie di genere sono costruzioni culturali, non verità assolute. La loro esistenza millenaria dimostra che la diversità umana ha sempre trovato espressione, anche prima che avessimo il linguaggio per descriverla nei termini contemporanei.
In questo giorno dedicato alle donne, riflettere sui muxe ci invita ad ampliare la nostra concezione di cosa significhi celebrare il femminile. Le frontiere tra i generi possono essere più permeabili di quanto immaginiamo, e forse è proprio in questi spazi intermedi che possiamo trovare nuove possibilità di libertà per tutti gli esseri umani.
I muxe ci ricordano che ogni cultura sviluppa le proprie risposte alle questioni fondamentali dell’identità umana. In un mondo sempre più globalizzato, la loro resistenza culturale rappresenta un baluardo contro l’omologazione e un invito a preservare la ricchezza delle diverse visioni dell’essere umano.
Mentre la società occidentale continua a dibattere e spesso a polarizzarsi sulle questioni di genere, la comunità zapoteca offre un esempio di come sia possibile costruire una società dove la diversità non è solo tollerata ma attivamente valorizzata come risorsa collettiva. Una lezione che, in questo giorno dedicato alle donne, può illuminare nuovi cammini verso una comprensione più ampia e inclusiva dell’umanità in tutte le sue sfumature.

Direttore editoriale di No#News Magazine.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare ai sofferenti per amore, inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo: è chiamato il fondamentalista del Loggione. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita tuttavia rimane la Tosca.