Nel fervido universo dei social media, dove ogni giorno nascono e muoiono trend digitali, il mukbang si è consolidato come uno dei fenomeni più peculiari e persistenti della nostra epoca. Nato nelle stanze digitali della Corea del Sud nel 2009, il termine – fusione delle parole coreane “mokta” (mangiare) e “bangsong” (trasmissione) – identifica quei contenuti in cui i creator si riprendono mentre consumano quantità impressionanti di cibo davanti alla telecamera, interagendo con il proprio pubblico in tempo reale.

La psicologia del voyeurismo gastronomico

Cosa spinge milioni di persone in tutto il mondo a sintonizzarsi per ore guardando sconosciuti che divorano montagne di cibo? La risposta affonda le radici nella solitudine della società moderna.

Park Seo-yeon, soprannominata “The Diva” e tra le più celebri foodblogger coreane, in un’intervista al Time del 2014, ha rivelato di guadagnare circa 9.000 dollari al mese dalle donazioni dei suoi fan, evidenziando come il mukbang risponda a due pulsioni fondamentali della società contemporanea: la solitudine della vita urbana e l’ossessione per il cibo. “Molti dei miei spettatori sono a dieta e vedermi mangiare dà loro un brivido del proibito”, ha confessato Park, mettendo in luce il paradosso di una società – quella coreana – che mentre celebra questi spettacoli di abbondanza alimentare, continua a imporre rigidi standard di magrezza, specialmente alle donne.

In un’epoca in cui sempre più persone consumano i pasti in solitudine, il mukbang ricrea quella dimensione sociale del pasto che la frenesia contemporanea ci ha sottratto. I suoni amplificati della masticazione, i commenti entusiasti sul sapore, le espressioni di puro godimento creano un’intimità virtuale che colma un vuoto reale.

L’economia dell’abbuffata digitale

Il mukbang è diventato un business miliardario. Le star più seguite possono guadagnare decine di migliaia di dollari al mese attraverso donazioni dei fan, sponsorizzazioni e partnership con ristoranti. In Corea del Sud, patria del fenomeno, alcuni mukbanger sono vere celebrità, con fan club dedicati e merchandising personalizzato. L’industria alimentare ha rapidamente capitalizzato il trend, creando prodotti specificamente pensati per essere “mukbang-friendly”: porzioni extra-large, combinazioni di sapori estreme, packaging studiato per massimizzare l’impatto visivo.

I rischi nascosti dietro lo schermo

Ma dietro i numeri vertiginosi di visualizzazioni e il successo planetario si nasconde un aspetto più controverso. Gli esperti di salute mentale hanno sollevato preoccupazioni sul potenziale impatto di questi contenuti su persone che soffrono di disturbi alimentari. La normalizzazione del consumo eccessivo di cibo, spesso accompagnata dalla paradossale magrezza di molti creator, solleva interrogativi inquietanti sulla sostenibilità di questo formato di intrattenimento.

Gli esperti hanno identificato preoccupanti conseguenze per gli spettatori assidui di mukbang. La dipendenza comportamentale è uno dei rischi più seri, con criteri di diagnosi simili a quelli del gioco d’azzardo. Gli studi hanno evidenziato come il mukbang possa innescare comportamenti di mimetismo alimentare, portando a un aumento del consumo di cibo, allo sviluppo di disturbi alimentari e, paradossalmente, a un ulteriore isolamento sociale mascherato da una falsa sensazione di compensazione.

L’evoluzione in food challenge

Il fenomeno ha dato vita a una variante ancora più estrema: le food challenge. In Italia, figure come Chiara Mangiatutto si sono affermate battendo record come il consumo di un chilo di pasta in 30 minuti. Negli Stati Uniti, la Major League Eating supervisiona competizioni come la storica gara di hot dog del 4 luglio a Coney Island, dove il record maschile è di 58 panini. Un fenomeno che ha assunto dimensioni preoccupanti, come dimostra il caso di Thomas Hungry, che ha documentato l’assunzione di 50.000 calorie in 50 ore, ottenendo quasi 700.000 visualizzazioni.

Le conseguenze sulla salute…

La dottoressa Stefania Ruggeri, ricercatrice e nutrizionista del CREA, lancia un allarme sulle conseguenze di queste pratiche: “Queste mangiate pantagrueliche provocano un altissimo stress ossidativo”, spiega, evidenziando come nel tempo portino a scompensi ormonali che coinvolgono insulina e cortisolo, con ripercussioni tanto fisiche quanto psichiche. La nutrizionista sottolinea come sia impossibile compensare questi eccessi con successivi periodi di restrizione alimentare, poiché lo stress metabolico inflitto all’organismo è troppo intenso.

…e il paradosso sociale

In un mondo dove oltre 733 milioni di persone soffrono la fame e solo in Italia 1.780.000 persone dipendono dal Banco Alimentare, il mukbang rappresenta una “spietata assurdità”. Secondo la dottoressa Ruggeri, il fenomeno riflette una società che ha trasformato il cibo in mero bene di consumo, svuotandolo del suo significato più profondo: essere connessione tra esseri umani e natura. Un monito che ci invita a riflettere sul valore del cibo e sulla direzione che sta prendendo la nostra società digitalizzata.

 

Mentre il fenomeno continua a evolversi, emergono nuove tendenze. Il “healthy mukbang” cerca di bilanciare spettacolo e consapevolezza nutrizionale, mentre il “cooking mukbang” sposta l’attenzione sulla preparazione del cibo. Ma la vera sfida per il futuro sarà trovare un equilibrio tra intrattenimento e responsabilità sociale, tra il piacere dello spettacolo e la necessità di promuovere un rapporto sano con il cibo.

In un mondo sempre più digitalizzato, il mukbang rappresenta più di una semplice moda passeggera: è uno specchio delle nostre ansie collettive, dei nostri desideri repressi e della nostra ricerca costante di connessione umana, anche attraverso gli schermi dei nostri dispositivi. Un fenomeno che, nel bene e nel male, continua a nutrire non solo gli stomaci, ma anche l’immaginario collettivo del XXI secolo.