“Il territorio rappresenta la nostra immensa ricchezza. Noi abbiamo il compito di preservarne l’integrità e di svelarne le più recondite sfumature attraverso il nostro vino. La passione, l’entusiasmo e la profonda conoscenza delle tradizioni, tramandata da generazioni, si riconoscono nel faticoso lavoro quotidiano. Ogni gesto è finalizzato a mantenere l’armonia naturale e rivelare la complessità di questa terra”.
L’azienda Valentino Butussi, si trova sulla via Forum Julii, antica strada romana che collegava Cividale del Friuli ad Aquileia, nella parte collinare tra il colle di Rosazzo, e il colle di Gramogliano. Già duemila anni fa questa zona era considerata tra le più vocate alla viticoltura friulana. Angelo Butussi, comprendendo da subito le enormi potenzialità che quest’affascinante vallata denominata “Pràdi Corte” poteva avere, ha instaurato qui la propria sede aziendale, impiantando quelle vigne che negli anni seguenti hanno dato origine ad alcuni tra i vini più significativi della produzione aziendale. Questa vallata, con le Alpi Giulie alle spalle che riparano la vite dalle fredde correnti del nord, e il mare Adriatico di fronte, che garantisce una benefica e costante ventilazione, è la migliore posizione geografica per la viticoltura (senza dimenticare gli infiniti microclimi nelle diverse vigne e particelle). Il terroir è costituito da depositi di origine eocenica, che si presentano come un’alternanza di strati di marne ed arenarie; per arrivare invallata con depositi calcarei-alluvionali. L’azienda si estende per una superficie totale di circa trenta ettari, diciotto dei quali vitati, suddivisi in diverse zone: Godia, Madonna d’Aiuto, Dolegnano, Lucchitta, Gramogliano e Braida. L’azienda Valentino Butussi vanta innumerevoli vendemmie. Oltre ad impianti recenti si possono trovare vigneti che risalgono agli anni ’60.
Si coltivano uve a bacca bianca, come: Friulano, Sauvignon, Pinot grigio, Ribolla gialla, Chardonnay, Verduzzo friulano, Picolit; e a bacca rossa: Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Refosco dal Peduncolo Rosso e Pignolo. La forma di allevamento scelta è la Cappuccina mono o bilaterale, che consente di limitare la produzione e aumentare la qualità del frutto, tenendo conto della sua particolarità e della tradizione territoriale. L’azienda è certificata biologica. Questa scelta nasce da un progetto iniziato quasi venti anni fa, da un piccolo vigneto di tremila metri e progressivamente si è esteso a tutti i vigneti, fino alla completa conversione nel 2008 e alla certificazione ufficiale ottenuta nel 2013. Attualmente si sono abbandonate anche le pratiche di sovescio alloctono. Le vigne sono gestite a prato stabile, spontaneo, che secondo le necessità, viene fatto crescere ed interrato. «Durante i primi anni in azienda capitò di partecipare ad una convention, dove veniva messo a confronto un prato naturale stabile di collina, con l’analisi di un terreno sfruttato con colture intensive. I risultati furono stupefacenti. I dati dicevano che le cellule viventi, in grammo di suolo, erano decine di volte superiori nel prato stabile. I valori, trasformati in quintali/ettaro, erano davvero impressionanti! Ci siamo trovati a confrontare un terreno quasi morto, contro un terreno incredibilmente vitale. La connessione è stata immediata. Non potevamo pensare di fare grandi vini su terreni impoveriti e sterilizzati dalla chimica. Le nostre tecniche agronomiche, oltre al rispetto più assoluto degli equilibri naturali di questo grandissimo organismo che è il suolo, ci hanno portato ad avere una forte micorizzazione dei terreni, che sono più drenanti in caso di forte pioggia e dimostrano un fortissimo potere di mantenimento dell’acqua, in caso di periodi aridi» spiega Filippo Butussi, enologo e co-titolare dell’azienda. La vendemmia è rigorosamente manuale ed è eseguita sapientemente solo da chi conosce bene il territorio. L’epoca vendemmiale si seleziona visivamente dopo aver assaggiato gli acini. Il frutto si coglie solo quando è perfettamente maturo e in grado di esprimere al meglio le sue peculiarità e il perfetto equilibrio. Per rispettare le scelte e gli obiettivi aziendali, non si vendemmia precocemente per mantenere l’aromaticità, né tardivamente per incrementare l’alcol. In cantina i contenitori di acciaio sono destinati ai vini d’annata, mentre per le selezioni, si predilige l’uso del cemento e delle botti grandi di legno non tostato (dai tre ai sessanta ettolitri), per i bianchi riserva si utilizza la botte tradizionale friulana da settecento litri.
Storia di un territorio
Il territorio friulano vanta una storia vitivinicola che affonda le sue radici in un passato remoto. Arrivata, probabilmente dalla Turchia, la vite, fu coltivata e apprezzata anche dalle popolazioni celtiche, che abitavano queste zone già nel 400 a. C. Dal 181 a.C., furono i Romani a dare impulso alla viticoltura, stabilendo una delle loro prime colonie nell’agro aquileiese. Giulio Cesare fondò poi Forum Julii (l’odierna Cividale), dando la possibilità ai suoi legionari di trasformarsi in pacifici coloni e coltivare questi pendii assolati. L’importanza della viticoltura ha continuato durante i secoli, attraversando il Medioevo, tempo in cui il vino passò dalle anfore di terracotta alle botti di legno, che ne consentivano un trasporto più agevole verso i paesi dell’Europa del Nord. L’Abbazia di Rosazzo e i monaci benedettini ebbero un ruolo fondamentale per mantenere l’economia vitivinicola, prostrata dalle invasioni barbariche. Attraverso secoli di storia i Romani, i Longobardi, lo Stato Patriarcale,il dominio della Serenissima Repubblica di Venezia, il Regno Napoleonico e l’impero Austro-Ungarico mantennero viva la vocazione enoica dei Colli Orientali del Friuli. Nel 1970 nacque, tra i primissimi in Italia, il Consorzio tutela vini “Friuli Colli Orientali e Ramandolo” di cui la nostra azienda fa parte fin dai primi anni.
Direttore responsabile di No#News Magazine.