Quando il gin incontra la semplicità di una limonata, nasce un’icona della mixology che ha attraversato più di due secoli senza perdere il suo fascino. Il John Collins rappresenta l’essenza dell’eleganza nel bicchiere: un equilibrio perfetto tra acidità e dolcezza, completato dalla vivace effervescenza dell’acqua gassata. Questo long drink dall’aspetto cristallino e dal carattere rinfrescante ha conquistato generazioni di appassionati, diventando un pilastro immutabile della miscelazione classica.
Le origini tra leggenda e storia
La genesi del John Collins affonda le radici nel clima vivace dei pub londinesi del XIX secolo, dove l’arte del mixing stava muovendo i primi passi verso la codificazione moderna. Si ritiene che sia stato creato da un omonimo capocameriere che lavorava al Limmer’s Old House di Conduit Street, nel quartiere di Mayfair a Londra, un popolare locale londinese attorno agli anni 1790–1817.
La prima ricetta documentata compare nel 1869 nello “Steward and Barkeeper’s Manual”, dove Jerry Thomas – considerato il padre della mixology moderna – ne codifica la preparazione. Interessante notare come David Embury, nella sua opera seminale “The Fine Art of Mixing Drinks” del 1948, definisca il John Collins con tono provocatorio come “una limonata fatta con acqua ed addizionata d” di distillato, sottolineando la semplicità disarmante di questa creazione.
Il mistero della denominazione ha alimentato diverse teorie nel corso del tempo. Mentre alcuni sostengono l’origine dal capocameriere Collins del Limmer’s, altri raccontano di due fratelli, John e Tom Collins, che avrebbero lavorato insieme nel settore della ristorazione londinese. Questa seconda versione spiegherebbe l’esistenza di entrambe le varianti del cocktail, che si differenziano esclusivamente per la tipologia di gin utilizzata.
L’epoca d’oro del John Collins coincide con la diffusione del gin nel mercato britannico, quando l’Old Tom Gin – più dolce e rotondo rispetto ai moderni London Dry – dominava le preferenze dei consumatori. La prima versione del drink fu fatta utilizzando un gin dolce di scuola olandese, prodotto anche in Inghilterra con il nome di Old Tom gin, tipologia che scomparirà nel proseguo della storia, soppiantata dalla versione London Dry.
La ricetta classica secondo tradizione
La preparazione del John Collins segue il metodo “build in glass”, costruendo il cocktail direttamente nel bicchiere senza passaggi in shaker. Questa tecnica preserva l’effervescenza dell’acqua gassata e mantiene la bevanda cristallina.
Ingredienti:
- 45 ml di gin London Dry
- 30 ml di succo di limone fresco
- 15 ml di sciroppo di zucchero
- 60 ml di soda water
- Ghiaccio abbondante
- Una fetta di limone per guarnire
- Dash di Angostura bitters (opzionale)
Preparazione: Riempire un bicchiere highball con ghiaccio abbondante. Versare gin, succo di limone e sciroppo di zucchero direttamente nel bicchiere. Mescolare delicatamente con un bar spoon per amalgamare gli ingredienti. Completare con la soda water, versandola lentamente per preservare l’effervescenza. Decorare con una fetta di limone appoggiata sul bordo del bicchiere.
La differenza fondamentale con il Tom Collins risiede nella scelta del distillato: mentre il John Collins utilizza il gin London Dry dal carattere più secco e botanico, il Tom Collins impiega l’Old Tom Gin, più morbido e leggermente dolciastro. Questa distinzione, apparentemente minima, modifica sensibilmente il profilo gustativo finale del cocktail.
Gli abbinamenti gastronomici ideali
Il carattere versatile del John Collins lo rende perfetto per molteplici occasioni culinarie. La sua freschezza e acidità lo posizionano naturalmente come aperitivo, dove può accompagnare antipasti leggeri e stuzzichini salati. Long drink per eccellenza può fungere da aperitivo con sfiziosi appetizer o può accompagnare il pasto a base di piatti di pesce leggeri, verdure, secondi di pollo o maiale.
Durante l’aperitivo, il John Collins si sposa magnificamente con olive ascolane, bruschette con pomodoro fresco, carpacci di pesce e formaggi a pasta molle. La componente citrica del cocktail bilancia perfettamente la sapidità di questi preparati, creando un’armonia gustativa che prepara il palato ai sapori successivi.
Nel contesto del pasto, questo long drink trova la sua dimensione ideale accanto a piatti di pesce alla griglia, insalate di mare, risotti alle verdure e carni bianche preparate con cotture delicate. L’effervescenza dell’acqua gassata funge da detergente naturale del palato, mentre l’acidità del limone esalta i sapori marini e vegetali.
Per gli abbinamenti più audaci, il John Collins può accompagnare primi piatti estivi come pasta fredda con verdure grigliate, gazpacho, o secondi a base di pollo alle erbe aromatiche. La versatilità di questo cocktail permette anche accostamenti con la cucina fusion asiatica, dove la sua freschezza contrasta piacevolmente con i sapori speziati e agrodolci.
La temperatura di servizio rimane fondamentale: il John Collins deve essere servito ben freddo, con ghiaccio abbondante che mantenga la bevanda rinfrescante per tutta la durata del consumo. Il bicchiere highball, alto e stretto, concentra gli aromi e permette una migliore percezione olfattiva del gin e degli agrumi.
Il John Collins rappresenta la dimostrazione che la semplicità, quando eseguita con maestria e ingredienti di qualità, può raggiungere vette di eccellenza. In un’epoca di cocktail sempre più complessi e ricercati, questo classico continua a conquistare per la sua immediatezza e il suo carattere genuino, confermandosi come un’esperienza sensoriale completa che attraversa le generazioni senza mai perdere la sua attualità.

Direttore editoriale di No#News Magazine.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare ai sofferenti per amore, inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo: è chiamato il fondamentalista del Loggione. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita tuttavia rimane la Tosca.