La Triennale di Milano ha ospitato sabato 18 gennaio la “Deep Scrolling Experience”, un evento interdisciplinare per riflettere sull’influenza che l’avvento del digital e di tecnologie sempre più avanzate hanno nelle nostre vite.
La Triennale di Milano ha ospitato sabato 18 gennaio la “Deep Scrolling Experience”, un evento interdisciplinare per riflettere sull’influenza che l’avvento del digital e di tecnologie sempre più avanzate hanno nelle nostre vite.
La manifestazione è nata intorno all’hashtag #deepscrolling coniato dall’artista Federico Clapis che, oltre a essere autore delle opere esposte, ha voluto gettare le basi per un interessante dialogo tra arte e scienza. Presenti infatti anche i rappresentanti dell’Istituto di Psicosomatica di Milano e dell’Associazione Dipendenze Tecnologiche, da sempre specializzati nell’affrontare queste tematiche. Il movimento ha l’obiettivo di migliorare il nostro rapporto con il digitale, spingendo a seguire profili che divulgano contenuti artistici e culturali in modo da combattere la frustrazione che può nascere da modelli non realistici e irraggiungibili che spesso i social media propongono.
Durante la mattinata si sono susseguiti laboratori a numero chiuso dove poter sperimentare modi (come il Somatic Competence® Yoga) per riavvicinarsi alla materialità del corpo, al sentire e alle relazioni in un momento in cui queste vengono messe a dura prova dal nostro essere costantemente connessi. Si legge in merito sul www.somatologia.it:
Si tratta di workshop orientati alla (ri)scoperta del corpo e delle relazioni che lo implicano, per dargli un senso anche in quest’epoca caratterizzata da interazioni sempre più rarefatte e da avatar virtuali”
La psicosomatica è una declinazione della psicologia che analizza i disturbi psichici laddove si manifestano a livello fisico. Ma in questo scambio tra arte e scienza non poteva mancare un pezzo fondamentale del conoscere umano: la filosofia. “Come viversi nel digitale”, il talk tenuto nel pomeriggio condotto da Andrea Zoccarato e Alessia Leoni, ha infatti visto presenti i due filosofi Maura Gancitano e Andrea Colamenici fondatori di “Tlon” e Riccardo Marco Scognamiglio, Giuseppe Lavenia, Simone Matteo Russo in rappresentanza dell’Istituto di Psicosomatica Integrata. A fronte di un caso clinico si è dato il via a delle riflessioni riguardanti le dipendenze da realtà virtuali che portano l’individuo a essere alienato rispetto alla società. L’obiettivo del talk non era certo quello di demonizzare l’avvento inevitabile del digitale bensì di comprendere le ragioni che portano a tali dipendenze, soprattutto tra i più giovani. L’invito agli adulti (genitori, insegnanti ecc.) a creare un ponte che, attraverso la comprensione, possa avvicinare generazioni molto distanti tra loro per poter superare la barriera di isolamento relazionale che è poi causa ultima del rifugio in realtà virtuali. Un’esortazione alla vicinanza, quindi, per poter permettere a ognuno di ritrovare e riconoscere la propria storia, anche riabituandosi a sentire il manifestarsi del corpo.
Esposte in contemporanea le figure in resina bianca realizzate da Federico Clapis che, anonime eppure urlanti nel loro candore di morbide forme umane, ci mettono di fronte a una realtà che è diventata parte della nostra epoca.
“Addolorata concezione” per esempio è una donna che attraverso degli occhiali virtuali tiene in braccio un bambino in realtà inesistente. Oppure il neonato che arriva infagottato e appeso a un drone anziché al becco di una ormai sorpassata cicogna. “Mamagotchi” fa il verso al famoso gioco in voga sul finire degli anni Novanta, ma dentro l’uovo virtuale soggiorna un bambino urlante che chiede attenzioni. Come nel gioco tutti possiamo essere genitori per capriccio, ma chi ha avuto modo di utilizzarlo ricorda forse quante volte il pulcino veniva abbandonato a sé stesso senza essere nutrito o cambiato?
Tutte opere che al primo impatto rubano un sorriso ma che non possono distogliere da una più profonda riflessione.
È la realtà odierna con i suoi lati oscuri ma anche con tutte le infinite possibilità che ci offre. La “Deep Scrolling Experience” è stata un’utile occasione per ricordarci come attraverso l’interazione, lo scambio e la cultura il mondo digital può diventare nostro alleato e non pericoloso nemico.
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