Questo nuovo anno è partito bene per quanto riguarda le serie tv. Una piccola pillola, breve e intensa, ce l’ha data Netflix con The end of the F***ing World.
Sottolineo il fatto che sia “breve e intensa” perché entrambi i fattori giocano a suo favore: può essere guardata tutta d’un fiato come un film di circa due ore e quaranta. Sottolineo anche “tutta d’un fiato” perché davvero non ci si riesce a fermare: l’attenzione viene tenuta sempre accesa e l’aspettativa viene continuamente rinnovata. Ogni cosa avviene in modo estremamente veloce e irrefrenabile. Per cui se vi appassionerete, non dovrete temere, potete continuare a guardarla senza il problema di rimanere un’intera notte davanti allo schermo.
The end of the F***ing World è tratta dall’omonimo fumetto che sarebbe sbagliato non elogiare. L’autore è Charles Forsman ed è ai suoi disegni dal tratto semplice e minimalista che la serie deve parte del suo successo.
In breve, i protagonisti sono un ragazzo e una ragazza, due adolescenti inglesi profondamente turbati da tutto ciò che li circonda. Entrambi i personaggi sono caratterizzati da aspetti caricaturali e talvolta assurdi, ma rimangono comunque sempre legati e vicini alla realtà. Certo, è una realtà drammatica ed esasperata, ma non per questo impossibile. È infatti nel mondo reale che James, apparentemente pacato, ed Alyssa, apparentemente esuberante e irascibile, trovano le ragioni per fuggire.
Etichettare The end of the F***ing World con il nome di un genere sarebbe troppo restrittivo. E forse anche troppo complicato. Viene naturale ricollegarlo ai road movie, sì. Ma è un road movie in cui anche la commedia, il dramma e a tratti persino il thriller
diventano inevitabilmente parte integrante del racconto. Ogni cosa avviene in modo frettoloso e veloce e spinge i protagonisti verso situazioni inevitabili. Essi si ritrovano immersi in un continuo alternarsi di avversità e desideri che li rende sempre più oppressi e, al tempo stesso, sempre più ansiosi di fuggire ancora.
In questa serie di drammatici eventi, i due attori, Alex Lawther e Jessica Barden, riescono a trasportarci con delicatezza dal dramma esterno a quello interiore. I due incarnano perfettamente lo spirito emblematico dei personaggi e riescono a mostrarcelo anche solo con uno spostamento di sguardo appena accennato, o con un battito di occhi leggermente più marcato. Il dramma interiore è dunque ben messo in luce, non solo grazie alla delicata performance dei due attori, ma anche alla scelta di far sentire allo
spettatore la voce dei pensieri dei protagonisti. È proprio in questo continuo processo di alternanza tra fatti e reazioni interiori che lo spettatore si trova a seguire la storia con un coinvolgimento emotivo e profondo.
Se per i primi momenti i due personaggi ci risultano spaventosi e irascibili o violenti e psicopatici, bastano pochi minuti per capire che strada prenderà la storia. Per realizzare che loro sono soltanto le vittime e che la possibilità di salvezza è davvero una sola:
fuggire.

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