Tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey pubblicato nel 1962 da cui nel 1975 è stata tratta la nota versione cinematografica diretta da Miloš Forman con Jack Nicholson, entrato di diritto tra i classici del cinema internazionale.

Qualcuno volò sul nido del cuculo narra il tentativo di un delinquente di evitare la pena detentiva fingendosi squilibrato e facendosi internare in un istituto di sanità mentale. Ben presto scoprirà in prima persona, con la lucidità di un sano di mente, che le misure correzionali adottate non sempre sono volte al benessere del paziente.

Nella trasposizione teatrale di Dale Wasserman ripresa nella versione italiana a cura di Alessandro Gassmann, la storia si sposta al 1982, all’Ospedale Psichiatrico di Aversa. L’opera mette nuovamente in luce le debolezze del sistema dei nosocomi psichiatrici, che si rivelano fallimentari nel lo ruolo correzionale, finendo per  “ferire curando e curare ferendo” o meglio, non curando affatto e creando ulteriori danni ai pazienti che, volontariamente o meno, vi si sottopongono alle “cure”.

Si nota come nel personale avviene un processo profondo di regressione della coscienza, con la perdita ogni briciolo di umanità che li porta a considerare gli internati “non persone”, sottoponendoli a continue vessazioni morali e fisiche.

Uno spettacolo lungo e difficile, che scava chirurgicamente nell’indole umana. Un’ottima performance di tutto il cast, che riesce a caratterizzare con misurata sapienza, i difficili ruoli messi in scena.