Allo Scalo Romana di Milano, ha piantato le tende un circo in cui regna la follia.

Già dalla cassa si ha l’impressione che quello che si vedrà non è un ordinario spettacolo circense. Entrando nel tendone dello Psychiatric Circus si percepisce subito un’atmosfera caratterizzata dalla bizzarria e dal delirio.

Dopo essere stati etichettati come sfigati dalla suora-maschera, si viene accompagnati in platea, dove bislacchi personaggi vagano interagendo con il pubblico con in sottofondo la canzone Dominique di Sœur Sourire (Suor Sorriso) in loop continuo. L’interazione è un elemento che domina e si ripropone spesso durante la serata. Ignari spettatori infatti dovranno rassegnarsi e diventare parte delle gag dei protagonisti.

Lo spettacolo è ambientato negli anni Cinquanta all’interno del manicomio cattolico di Bergen, in Germania, gestito da Padre Josef, dottore e direttore, e dalle sue fedeli suore. Questo spettacolo è definito dai suoi ideatori, la famiglia circense Bellucci-Medini, come “un circo-teatro che si ispira alle suggestioni del Cirque du Soleil, ma con tinte più forti. E’ un evento psicotico, un viaggio nella follia, un luogo in cui il senso delle cose è totalmente capovolto.”

Una domanda sorge spontanea: a cosa si sta assistendo? Viene definito teatro-acrobazia-cabaret. Infatti è difficile inquadrarlo in una categoria precisa. Non è circo, anche se le stravaganti figure intrattengono il pubblico con numeri di acrobazia, contorsionismo, illusionismo, giocoleria e clownismo.

Le atmosfere dark-horror, rimandanti vagamente ad un “American Horror Story – Asylum”, scadono spesso nel kitch, in particolare nel finale in cui una suora indemoniata aizza i pazienti divenuti cannibali contro il sadico e perverso direttore.

Uno spettacolo che sembra divertire il pubblico, ma che lascia lo spettatore attento con un senso di vuoto, non capendo esattamente cosa realmente si è andati a vedere. Un circo? No. Nouveau Cirque (o circo contemporaneo)? Una parvenza. Cabaret? Non del tutto. Teatro? Assolutamente no.

Un mix di generi che tra loro non si amalgamano, al solo scopo di intrattenere, senza comunicare un messaggio chiaro, oltretutto con il grande rischio di essere fraintesi nel ridicolizzare i malati di mente.