Terzo spettacolo in cartellone al Teatro alla Scala è il Falstaff, commedia lirica, ultima opera di Giuseppe Verdi.
Per la scrittura del libretto, Arrigo Boito si ispirò principalmente alla commedia shakespeariana “Le allegri comari di Windsor” e narra dell’anziano e corpulento Sir John Falstaff, il quale si ritiene ancora un affascinante seduttore. Egli invia quindi due identiche lettere d’amore ad Alice Ford e Meg Page, al fine di combinare un incontro romantico con le stesse.
Tra sdegno e ilarità, le due amiche progettano una burla ai danni dell’ingenuo John. Lo scherzo prende una piega inattesa quando in casa irrompe il geloso Ford, marito di Alice, che mette a soqquadro la casa in cerca di Falstaff che, nascosto nel cesto della biancheria, trova la via di fuga gettato nel fossato tra le risa dei presenti.
Chiarita la goliardia dell’evento, la comitiva si coalizza nell’organizzare un’ultima spettacolare beffa nei confronti del protagonista, invitandolo a mezzanotte nel parco reale di Windsor dove, in un’atmosfera fiabesca con elfi e folletti, costringono Falstaff a confessare i suoi peccati. Intanto, nella confusione che si è venuta a creare, con uno stratagemma, Nanetta, figlia di Ford, riesce a sposare l’amato Fenton. Così che la beffa è doppia.
La morale viene per bocca di Falstaff:
tutto il mondo è burla
e indicando il pubblico
Tutti gabbati!
Ah! Ah! Ah!
Tutti gabbati!
Dal punto di vista canoro, nulla da eccepire agli interpreti che hanno correttamente interpretato i propri ruoli. Perplessità ha generato la scelta del regista Michieletto di ambientare l’opera all’interno di Casa Verdi, la casa di riposo per musicisti che venne voluta dal compositore emiliano per “i vecchi artisti che non hanno avuto in vita la virtù del risparmio”. Stridente la gaiezza della commedia, con anziani che si muovono per la scena in carrozzina o deambularore.
Opinabile inoltre la scelta del direttore musicale Zubin Mehta di ridurre l’organico dell’orchestra che a nostro avviso ha nettamente influito sulla musicalità dell’opera.

Direttore editoriale di No#News Magazine.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare ai sofferenti per amore, inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo: è chiamato il fondamentalista del Loggione. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita tuttavia rimane la Tosca.