Nella spettacolare sede dell’Arena di Verona, dove è stata rappresentata per ben 94 repliche, ritorna l’Aida.
Quest’anno la consueta colossale piramide con faraone di Franco Zeffireli ha lasciato spazio all’edizione storica del 1913 a firma di Ettore Fagiuoli ripresa nel 1982 dalla regia di Gianfranco de Bosio.
cenografia che, però, non delude. Con pregevoli trovate sceniche è stata altrettanto eccellente nei costumi, nelle luci e nella fotografia. La rappresentazione “invade”, con attori e allestimenti, sia la gradinata laterale che la parte posteriore dall’anfiteatro, permettendo al numerosissimo cast dell’opera di dare un effetto ottico che dire impressionante risulta quasi riduttivo.
Decine di soldati si dispiegano sulla sommità dell’Arena e innalzano, nel cielo notturno, torce dalle fiamme guizzanti; la visione è qualcosa di difficile e impossibile da descrivere; ecco perché è da vedere. Un vero e appassionato melomane non può che sceglie di seguire questo festival lirico.
Molto apprezzabile la performance di Susanna Branchini nel ruolo di Aida e di Alberto Mastromarino in quella di Amonastro, stranamente un po’ sotto tono è apparso Mikheil Sheshaberidze, nel ruolo di Radamès.
L’Arena è quindi promossa a pieni voti alla prova dell’Aida, peccato per i numerosi posti vuoti… chi ha rinunciato a vedere l’Aida, ha sprecato un’occasione unica, non solo di assistere ad uno spettacolo apprezzabile tecnicamente, ma di essere letteralmente avvolto dall’Opera stessa.
Le luci si spengono, gli attori si ritirano dalle scene, la scenografia viene smonta e la serata non può che sintetizzarsi nell’intercalare della coppia di tedeschi accanto a me: ”Super”, o della giapponese che a fine atto esclamava “Wonderful”.
Direttore editoriale di No#News Magazine.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare ai sofferenti per amore, inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo: è chiamato il fondamentalista del Loggione. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita tuttavia rimane la Tosca.