Al Piccollo Teatro Studio Melato da mercoledì 25 Marzo a giovedì 30 Aprile 2015 è in programma Divine Parole.
Dal testo teatrale del 1919 omonimo, grande classico in Spagna, da noi quasi sconosciuto, di Ramón del Valle-Inclán.

Questo spettacolo è diventato immediatamente causa di svariate polemiche, perché o piace parecchio o non piace affatto.

La trama narra la brutta storia di umanità disperate, che girano intorno alla famiglia del sacrestano di una cittadina della Galizia, Pedro e Mari Gaila sua moglie. L’uomo ha un nipote nato idrocefalo che la madre, in cerca di facili guadagni, utilizza per chiedere l’elemosina. Ma un giorno la madre muore e Mari ed un’altra cognata si disputano la custodia dell’ “infelice” per continuare a lucrare sulla sua sfortuna.

Questa umanità disperata passa al setaccio tutti i vizi umani grazie ai vari personaggi: ladri, assassini, accattoni, prostitute, mendicanti, alcolisti, transessuali arrivando alla rappresentazione stessa del male, nella figura di Séptimo Miau, che porterà i personaggi attraverso la tentazione e  l’odio ad un incredibile crescendo di brutalità, terrore e degradazione, senza alcun filtro per lo spettatore.

Lo scenografo, Paolo Fantin, decide di ambientare il dramma nel fango, non metaforicamente parlando, nel  fango vero che avvolge, “letteralmente” i personaggi. Ad aumentare il senso di disagio oltre alla profusione di melma e tanto, tanto sangue c’è la colonna sonora soave ed angelica, completamente in antitesi con la scia tetra del dramma.

Tra le musiche ricordiamo il Miserere di Allegri, ed il Requiem di Fauré.

Il momento culminante arriva quando la folla del paesino, aggredisce la moglie adultera del sagrestano, la denuda, la getta nel fango, e vuole lapidarla. Ma il marito anziché farsi giustizia ammazzandola, recita le divine parole: “Qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem mittat” (chi di voi è senza peccato, scagli per primo quella pietra).

Spettacolo, per fortuna, sconsigliato ai minori, assolutamente esagerato che vede alla fine, gli attori stravolti e gli spettatori sconvolti, i primi coperti di fango, i secondi di angoscia. Si esce disorientati e inquieti.

Nel paesino dove c’è l’immancabile chiesa, vediamo il sacrestano e mai il prete, se il male è sempre presente nella storia, perché non inserire anche un degno contrappeso come il bene? Perché ci deve essere per forza l’assenza di Dio?