Dopo aver fatto Quattro chiacchiere con Scarda tra Amore, Musica e Tormentone, eccoci qui a parlare, finalmente, più nello specifico del suo nuovo ultimo album.
Tormentone prende ispirazione da tutto, ma non assomiglia a nulla.
Così ogni canzone inizialmente ci sembrerà avere quell’elemento o quel dettaglio che abbiamo già sentito nel panorama della musica italiana degli ultimi anni. Mentre le tracce scorrono, però iniziamo ad accorgerci del percorso che stiamo intraprendendo.
Perché sì, quest’album è un percorso, ma attenzione. Scarda non ci trasporterà nel suo mondo, ma ci sbatterà in faccia il nostro e questo è il motivo per cui questo disco fa male.
Fa male poiché l’autore della colonna sonora di Smetto Quando Voglio, nei suoi testi, rappresenta un’intera generazione di cui è impossibile non fare parte. La generazione dei vinti, degli sfoghi, delle notti passate a piangere da solo, delle parole non dette, dei tradimenti e dei ti amo a cui ci hanno risposto “non adesso”. Scarda da voce a tutti quei ragazzi e ragazze cresciuti sognando storie alla “Piccolo Grande Amore”, ma che non avevano fatto i conti con il lato più oscuro e nascosto del sentimento e con tutto ciò che esso comporta. Ogni nostra situazione o delusione è descritta in quei versi in modo così naturale, che l’autore sembra averci spiato di nascosto o tolto le parole di bocca.
Questa è la magia che avvolge questo album.
La prima tappa di questo percorso è Bianca, primo singolo uscito. “Guardo sempre indietro anche se vado, sempre avanti, non ti cerco però spero sempre di trovarti”. Semplice, diretto, quotidiano.
Scarda in due versi disegna con estrema semplicità una situazione che a noi avrebbe rubato fiumi di parole. Ci viene presentata l’impossibilità di una relazione nonostante l’amore e malgrado questo lei rimane bianca, pura: non viene associata al rosso della passione, al nero dell’odio, ma nella sua testa l’idea di quella ragazza rimane immacolata.
Con “io penso sempre come se tu mi guardassi” non solo mettiamo più a fuoco la scena, ma iniziamo quasi a tifare per questi due ragazzi. Tifiamo per loro e per quell’idea di “lieto fine” con cui siamo cresciuti.
Dei tre citati, teniamo bene a mente l’aggettivo quotidiano, poiché sarà ricorrente. Le scene narrate, infatti, fanno tanto riflettere, quanto sorridere per la loro naturalezza; come in Giulia: “Guarda i vetri del tram, si specchia con le buste della spesa dell’Auchan.” La fotografia di una scena semplice, che viene investita da un’aura di romanticismo.
Un romanticismo nascosto dentro le piccole cose di ogni giorno, in gesti così da routine, così normali, da passare inosservati, ma senza i quali le nostre giornate non sono più le stesse.
Scorrendo le tracce, arriviamo a Ventanni vera e proprio dedica alla generazione di cui abbiamo parlato. “Non lo puoi avere quello che non hai, se non fai ciò che non hai fatto mai” diviene il motto con cui andare avanti nonostante tutto e tutti, perché come dice Scarda “non si può vivere senza pensare a una svolta”.
Studia Ingegneria Meccanica a Roma, città in cui vive e che ama.
Nato mentre nei cinema proiettavano “I Soliti Sospetti” di Bryan Singer e nell’aria riecheggiava (What’s The Story) Morning Glory? degli Oasis.
Il cibo, lo sport e le sfide completano il quadro delle sue passioni.