E’ di questi giorni la notizia che il “rapper” (le virgolette sono d’obbligo) Bello Figo è stato denunciato dall’ Università di Pisa per il suo ultimo singolo, “Trombo a facoltà” (girato in parte nelle aule dell’ateneo) e ha perciò dovuto rimuovere il video dal proprio canale youtube.

E’ di questi giorni la notizia che il “rapper” (le virgolette sono d’obbligo) Bello Figo è stato denunciato dall’Università di Pisa per il suo ultimo singolo, “Trombo a facoltà” (girato in parte nelle aule dell’ateneo) e ha perciò dovuto rimuovere il video dal proprio canale youtube.

La prima domanda potrebbe essere: “Okay, ma perchè ci preoccupiamo di Bello Figo in una rubrica che parla di musica?”.

Poichè lo scrivente ha avuto l’occasione di vedere una (terribile) esibizione dell’ “artista” (tranquilli, non dimentico le virgolette) in un ristorante bolognese, devo ammettere che la domanda è pertinente. Il ragazzo è diventato celebre con delle provocazioni in rima, fuoritempo e stonate, ed è ampiamente lontano dalla preparazione necessaria per sostenere un live dignitoso.

Ma può farci riflettere su quanto la provocazione, nell’epoca dell’ indignazione da social, sia diventata parte integrante della promozione musicale.

Parlavamo nello scorso articolo di Checco Zalone e della sua “L’immigrato”, e di quanto gli attacchi al suo presunto razzismo facciano gioco per l’uscita del suo nuovo film. Ma è da 15 anni che in Italia si gioca ad alzare sempre più l’asticella del politicamente scorretto, per arrivare al pubblico tramite l’ondata di polemica che viene generata da social media e social network.

Un forte apripista dell’epoca delle provocazioni è stato l’album del 2004 di Fabri Fibra, “Mister Simpatia”. Il rapper di Senigallia, in un  momento in cui la musica rap era fuori dai radar delle classifiche italiane, introdusse un linguaggio nuovo e violento per criticare la società contemporanea,messo in bocca a un personaggio omofobo, razzista, sessuomane e drogato. Il tutto condito da parolacce, insulti, e nominando a tappeto personaggi in vista del mondo dello spettacolo. La diffusione del disco non fu mainstream, ma aprì coraggiosamente una porta nell’immaginario degli ascoltatori: dimostrò che in una canzone era possibile dire qualsiasi cosa, e andare oltre la pubblica decenza. In fondo a dire quelle cose non è l’autore, ma il personaggio che porta in scena.

Partì da lì l’ondata di violenza verbale che pervase il rap italiano e che ancora non si è fermata; ad esempio quella di Metal Carter e la sua “Pagliaccio di ghiaccio”, un brano che più che soffermarsi su un concetto cercava con ogni frase di sorprendere l’ascoltatore con una rima più violenta di quella precedente, coinvolgendo religione, famiglia, società.

Il discorso è valido sia per queste nicchie, sia per i prodotti radiofonici come quelli di Fedez, che non ha mai ammesso quanto sia debitore di Fabrizio Tarducci di Senigallia, per quanto sia palese la profonda influenza.
In tutto ciò, gli artisti cercavano comunque la bellezza formale, un’idea artistica, una buona produzione.

Il problema cominciò quando, con la crescita esponenziale dei canali social, molti si accorsero di quanto la gente fosse attratta dal fatto male, dal trash. Mentre sul web impazzavano i “freak” in stile Andrea Diprè e Giuseppe Sapio, la musica si adattò a questi personaggi, dando il peggiò di sè. Si sono così susseguiti negli anni fenomeni quali Truce Baldazzi, Il pagante, la Dark Polo Gang, fino ad arrivare al recente Young Signorino.

Il gioco è diventato quello di essere sempre più estremi, e ad un certo punto è terminato lo spazio di manovra: le idee per nuove bestemmie e insulti erano finite. 

Perciò, si volle aggiungere alla provocazione verbale quella visiva: Bello Figo è la sintesi del cattivo gusto nel vestire, del milanese imbruttito incapace di comportarsi in maniera sobria. E arrivarono in massa tutti i presunti artisti con la faccia tatuata, o vestiti in maniera orrenda; nessuna pretesa regressista additando i tatuaggi come un male, ma bisogna ammettere una certa stravaganza visiva in alcune nuove leve: Achille LauroSfera Ebbasta, Young Signorino. Da notare come questa stravaganza sia inversamente proporzionale all’intonazione.

Gli spazi di manovra stanno finendo anche qui, ed è per questo che una bella denuncia può riportare alla ribalta Bello Figo: fare buona musica è troppo impegnativo, mentre la corsa al cattivo gusto mostra sempre delle buone scorciatoie.

Visti i fenomeni da baraccone del 2019, non vediamo l’ora di goderci quelli del prossimo anno, all’urlo di “Non c’è limite al peggio”. Auguri!