Giovedì si è spenta a 78 anni nella sua casa di Londra, Marianne Faithfull, cantante, compositrice, attrice, musa di Mick Jagger.
Inquieta, anticonformista ai limiti dell’autodistruzione, non c’è dubbio abbia vissuto una vita piena e senza rimpianti.
Nel firmamento del rock britannico degli anni ’60, Marianne Faithfull emerse come una cometa abbagliante. Nata nel 1946 a Hampstead, la sua ascesa fu rapida quanto sorprendente. La sua voce cristallina in “As Tears Go By” nel 1964 segnò l’inizio di una carriera destinata a trascendere i confini della musica. Figlia dell’aristocrazia decaduta – sua madre era una baronessa austriaca – Marianne incarnò fin da subito il fascino della ribellione aristocratica. Il suo debutto nel mondo della musica avvenne a soli diciassette anni, quando Andrew Loog Oldham, manager dei Rolling Stones, la scoprì a una festa.
L’era dei Rolling Stones
La sua relazione con Mick Jagger la catapultò nell’epicentro della rivoluzione culturale degli anni ’60. Ma Faithfull non fu mai semplicemente “la ragazza di Jagger”. Il suo contributo artistico alla scena musicale dell’epoca fu sostanziale, culminando nella co-scrittura di “Sister Morphine“, un brano che ancora oggi resta una delle più crude e oneste rappresentazioni della dipendenza nella storia del rock. Il sodalizio artistico con i Rolling Stones influenzò profondamente la sua evoluzione musicale, permettendole di sviluppare una voce artistica unica e distintiva.
Una discografia che racconta una vita
La carriera musicale di Faithfull è un viaggio attraverso generi e stili che rispecchia la sua evoluzione personale. Dopo il successo iniziale con “As Tears Go By“, pubblicò una serie di album folk-pop raffinati come “Come My Way” (1965) e “North Country Maid” (1966). Ma fu negli anni ’70 che la sua arte raggiunse nuove vette con “Dreamin’ My Dreams” (1976), che la vide esplorare il country-rock. La vera essenza di Marianne Faithfull si manifestò pienamente con “Broken English” (1979), un album rivoluzionario che fondeva punk, new wave e rock dark, che rappresentò non solo una rinascita artistica ma una completa reinvenzione. La sua voce, ormai roca e profonda, segnata dalle battaglie personali, divenne uno strumento ancora più potente, capace di trasmettere verità emotive con una intensità raramente eguagliata. Questo periodo segnò l’inizio di una nuova fase della sua carriera, caratterizzata da una maturità artistica e una profondità interpretativa senza precedenti.
Il suo timbro vocale, ormai trasformato, divenne uno strumento ancora più potente in opere come “Strange Weather” (1987) e “Blazing Away” (1990). Nel nuovo millennio, album come “Before the Poison” (2005) e “Negative Capability” (2018) hanno dimostrato la sua continua capacità di reinvenzione, collaborando con artisti del calibro di Nick Cave, PJ Harvey e Warren Ellis.
Una carriera cinematografica sorprendente
Il talento di Faithfull si è esteso ben oltre la musica. La sua carriera cinematografica, iniziata con “I’ll Never Forget What’s’isname” (1967), include performance memorabili in “Girl on a Motorcycle” (1968), dove la sua interpretazione di Rebecca sfidò i tabù dell’epoca.
Negli anni ’70 apparve in produzioni teatrali come “Three Sisters” di Chekhov, dimostrando la sua versatilità come attrice drammatica. Il ritorno al cinema negli anni ’90 la vide brillare in “Intimacy” (2001) di Patrice Chéreau e “Irina Palm” (2007), dove la sua interpretazione di una nonna costretta a lavorare in un sex club le valse il plauso della critica. Nel 2007, la sua performance in “Marie Antoinette” di Sofia Coppola dimostrò ancora una volta la sua capacità di reinventarsi come attrice caratterista di grande spessore.
La carriera di Faithfull è stata arricchita da collaborazioni straordinarie. Il compositore Angelo Badalamenti, noto per le sue collaborazioni con David Lynch, scrisse arrangiamenti orchestrali per il suo album “A Secret Life” (1995), creando un’atmosfera noir che si sposava perfettamente con la voce graffiante di Marianne. Beck ha dato un contributo fondamentale producendo e scrivendo per “Easy Come, Easy Go” (2008), in particolare nel duetto “The Crane Wife 3”, dove le loro voci si intrecciano in un dialogo malinconico.
Le collaborazioni si sono estese a figure chiave del britpop: Jarvis Cocker dei Pulp ha scritto appositamente per lei “Sliding Through Life on Charm” per l’album “Kissin Time” (2002), catturando perfettamente l’essenza ironica e decadente di Faithfull. Nello stesso album, Damon Albarn dei Blur ha contribuito con “Last Song”, una ballata che fonde sapientemente elementi elettronici con il folk tradizionale. Billy Corgan degli Smashing Pumpkins ha composto per lei “Something Good”, sempre per “Kissin Time”, portando un’energia rock alternativa alla sua musica.
L’eredità nella moda
Il catsuit indossato da Marianne Faithfull in “Girl on a Motorcycle” (conosciuto in Italia come “Nuda sotto la pelle”) rappresentò molto più di un semplice costume di scena. Creato dal visionario John Sutcliffe, designer britannico noto per le sue creazioni in pelle, questo capo d’abbigliamento divenne un simbolo di emancipazione femminile e ribellione culturale. Il design rivoluzionario combinava elementi della tradizionale giacca da motociclista con un’intera tuta aderente, creando un indumento che abbracciava il corpo dalla testa ai piedi. Realizzato in pelle nera lucida, il catsuit rappresentava una fusione audace tra funzionalità motociclistica e sensualità provocatoria.
La peculiarità del design stava nella sua doppia natura: da un lato incarnava la praticità necessaria per la guida della moto, dall’altro sfidava apertamente le convenzioni dell’epoca sulla moda femminile. Il catsuit di Sutcliffe presentava caratteristiche innovative come le cerniere strategicamente posizionate, i rinforzi sulle articolazioni e una vestibilità che permetteva il movimento pur mantenendo una silhouette provocatoria. La scelta dei materiali, in particolare la pelle di alta qualità, conferiva al capo un’aura di lusso trasgressivo.
L’impatto di questo indumento sulla moda mainstream fu immediato e duraturo. Il catsuit divenne rapidamente un simbolo della controcultura degli anni ’60, influenzando designer come Yves Saint Laurent e Mary Quant. La sua estetica rivoluzionaria anticipò tendenze che sarebbero esplose nei decenni successivi, dal punk degli anni ’70 al fetish fashion degli anni ’80, fino alle reinterpretazioni contemporanee viste sulle passerelle di Alexander McQueen, Thierry Mugler e Saint Laurent.
L’influenza di Faithfull sulla cultura popolare è impossibile da quantificare. Sopravvissuta a dipendenze, periodi di indigenza e malattie, ha sempre mantenuto la sua dignità artistica. La sua carriera, che spazia oltre cinquant’anni, dimostra una capacità unica di reinventarsi rimanendo autenticamente se stessa. Dal suo stile vocale unico alla sua presenza scenica inconfondibile, ha creato un modello di artista femminile indipendente e non convenzionale. La sua musica continua a essere riscoperta da nuove generazioni, che trovano nelle sue interpretazioni una profondità e un’autenticità rare nel panorama musicale contemporaneo.
Il lascito di Marianne Faithfull va oltre la somma delle sue registrazioni e performance. Rappresenta il trionfo dell’autenticità artistica sulla commercialità, della resilienza sulla sfortuna, e dell’arte vera sulla fama effimera. La sua voce, sia in musica che nel cinema, rimarrà come testimonianza di una vita vissuta pienamente, con tutte le sue contraddizioni e i suoi trionfi. Non è solo un’icona del rock, ma un esempio di come l’arte possa continuamente rinnovarsi e trovare nuove forme di espressione, anche attraverso le sfide più difficili. La sua storia rimarrà come testimonianza di come la vera arte nasca non dalla perfezione, ma dalla capacità di trasformare le cicatrici della vita in bellezza duratura.

Direttore editoriale di No#News Magazine.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare ai sofferenti per amore, inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo: è chiamato il fondamentalista del Loggione. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita tuttavia rimane la Tosca.