In quei paesini dove non succede nulla, la gente o sta seduta composta sulla propria sedia o evita le prime file per avere una via di fuga, in caso lo spettacolo non piacesse. Succede ovunque, ma non stavolta.
Sapete cosa ci dicono nei paesini che giriamo in concerto tutto l’anno? Che lì non succede mai niente. Poi, arriviamo noi, li troviamo tutti seduti che battono le mani e iniziamo a molestarli finché non sono tutti sotto al palco a saltare con le mani al cielo”.
Scelgo di aprire così, con le sue parole, il racconto di un concerto vissuto in uno di questi posti da lui citati, dove, però, per una notte la gente si è lasciata trasportare dall’energia di un artista con un cognome pesante e un’identità artistica tanto grande da poterlo sopportare. Sto parlando di Marco Ligabue.
In quei paesini dove non succede nulla, la gente o sta seduta composta sulla propria sedia o evita le prime file per avere una via di fuga, in caso lo spettacolo non piacesse. Succede ovunque, ma non stavolta. Salito sul palco Marco chiama tutti ad alzarsi e a raggiungerlo sotto il palco. Vuole che quel posto diventi una grande arena dove respirare aria fresca e buona musica. L’impresa è titanica, ma mano mano che la serata va avanti il popolo sottocassa diventerà sempre più numeroso.
Inizia, così, un viaggio musicale ricco di energia, ritmo e rock and roll, attraverso le prime canzoni italiane che lui hai imparato a suonare con la chitarra. Si parla di brani che conosciamo tutti. Da De Gregori a Battisti, passando per Rino Gaetano e Gianna Nannini. Tutte riarrangiate in chiave rock per trasmettere più energia possibile. Sul palco Marco si diverte, parla e coinvolge il pubblico incitandolo a saltare o battere le mani più forte. La band non sbaglia una nota e regala una serata di buona, buonissima musica. In mezzo ai classici, poi, trovano posto un paio di pezzi originali.
In quei momenti il livello sale e il frontman di Correggio riesce a catturare il pubblico e a far passare il significato dei suoi pezzi. Interpretare qualcosa di personale è tutta un’altra cosa e le persone presenti sembrano capirlo ed apprezzarlo. Tutti cercano di tenere il ritmo, di provare a cantare quei brani che non conoscono, ma che hanno voglia di urlare al cielo. Molto bello il ritornello de La Differenza che Marco e i suoi insegnano insegnano come cantare attraverso la lingua dei segni. Un gesto semplice, coinvolgente e che merita grande rispetto.
La serata si conclude, i membri della band si presentano con i classici assoli di rito e la gente sotto il palco saluta e ringrazia.
Tutti sono soddisfatti. Si avviano verso casa e tra i vari commenti ne voglio riportare uno che mi ha colpito e fatto sorridere “Sono uscito per vedere il fratello di Ligabue e invece torno a casa dopo aver sentito Marco Ligabue”.
Studia Ingegneria Meccanica a Roma, città in cui vive e che ama.
Nato mentre nei cinema proiettavano “I Soliti Sospetti” di Bryan Singer e nell’aria riecheggiava (What’s The Story) Morning Glory? degli Oasis.
Il cibo, lo sport e le sfide completano il quadro delle sue passioni.