Attorno al mondo della musica, girano sempre numerose leggende metropolitane. C’è chi ci crede e chi no, ma in ogni caso affascinano gli amanti di eventi strani e macabri e non solo. Tendiamo sempre a seguire con interesse episodi strani della vita di un artista, rimaniamo sempre incuriositi dalle stranezze che i loro capolavori generano. Tra le varie leggende legate ai musicisti, oggi parleremo di quella della canzone Gloomy Sunday (titolo tradotto in inglese, quello originale è Szomorù Vasàrnap e significa “Triste domenica”) composta dal pianista ungherese Rezso Seress nel 1933, con testo scritto dal poeta Javor. Incisa per la prima volta nel 1935 da Pal Kalmàr, riscosse un notevole successo a livello internazionale, ottenendo svariate cover in altre lingue. Oltre alla sua complessità, la canzone, caratterizzata da una profonda tristezza, è diventata famosa a partire dal 1936 con il diffondersi di una leggenda metropolitana che l’ha resa nota come la causa di diversi suicidi.

Ci sono diverse storie che riguardano la nascita di questo brano ungherese; secondo la versione più credibile, sarebbe stato creato durante una cupa e piovosa giornata domenicale a Parigi o a Bucarest. Seress era abbattuto a causa dell’ennesima discussione con la sua ragazza, la quale lo rimproverava frequentemente a causa degli insuccessi del compositore, che con la sua carriera altalenante non poteva assicurare una vita di coppia stabile ed equilibrata.

Per quanto riguarda il testo, come già detto scritto dal poeta ungherese Javor, esprime il dolore di un uomo per la perdita della donna amata, o, secondo un’altra interpretazione, la difficoltà di provarle il proprio amore, al punto di trovare l’unica soluzione nella morte. La melodia, invece, è un richiamo al mondo gitano ungherese del XIX secolo.

Szomorú vasárnap száz fehér virággal
Vártalak kedvesem templomi imával
Álmokat kergető vasárnap délelőtt
Bánatom hintaja nélküled visszajött
Azóta szomorú mindig a vasárnap
Könny csak az italom kenyerem a bánat…

Szomorú vasárnap

Utolsó vasárnap kedvesem gyere el
Pap is lesz, koporsó, ravatal, gyászlepel
Akkor is virág vár, virág és – koporsó
Virágos fák alatt utam az utolsó
Nyitva lesz szemem hogy még egyszer lássalak
Ne félj a szememtől holtan is áldalak…

Utolsó vasárnap

Ma perché viene chiamata “canzone dei suicidi”?

Come già anticipato, verte attorno a questo brano dal 1936 una leggenda piuttosto macabra: viene considerato così tanto triste e straziante che c’è il rischio porti al suicidio. Effettivamente dei casi di morte volontaria collegati a questa opera ci sono, è il caso di un giovane commerciante di Berlino, il quale si impiccò lasciando ai piedi uno spartito di “Szomorù Vasàrnap”. Possiamo ricordare anche una segretaria americana che, prima di suicidarsi, chiese esplicitamente di eseguire questo brano per il suo funerale. Altri casi che hanno attirato l’attenzione riguardano una donna inglese, che prima di avvelenarsi ascoltò questa canzone, e un fattorino romano che si suicidò buttandosi in un fiume dopo averla sentita da un mendicante. Ovviamente come qualsiasi leggenda metropolitana, le situazioni vengono esagerate, ma obiettivamente l’ascolto di questa traccia porta ad una sensazione di tristezza e depressione. Importante ricordare che lo stesso compositore si suicidò nel 1968, ma il suo gesto non è collegato alla tragicità della sua opera.

Venne fatta nel 1941 una cover da Billie Holiday, cercando di contrastare la triste fama della canzone, aggiungendo una terza strofa dal carattere più positivo, ottenuto dal testo che rivela essersi trattato di un sogno, dove il protagonista si risveglia accanto alla donna amata.

La musica è così tanto versatile che porta davvero a mille emozioni, positive, negative, gioia, felicità, amore, tristezza e odio, ma se non ci fosse sarebbe un mondo più spento, perché le emozioni, belle o brutte che siano, sono il motore della nostra vita e ci portano a fare delle scelte, giuste o sbagliate.