E ci piace ogni tanto guardare nel profondo di uno spazio che è vuoto di certezze, ci mette tranquilli, perché così almeno è chiaro che non dobbiamo trovare niente.

I ricordi dell’infanzia non sono nostri: se nessuno ce li regala, non esistono. Per questo l’infanzia è una colossale menzogna, che raccontiamo primo di tutto a noi stessi.

Che cosa incide la nostra mente al punto da diventare un ricordo, e che cosa invece se ne va nel nulla? E per quale colpa o difetto? Ci sono momenti difettosi che non avranno il bene di diventare ricordi?

Lei ci portava una vita che non era la nostra, di cui non sapevo niente, tantomeno se ne avrei mai avuta una simile. Ma mi bastava. Per me era sufficiente che quella vita esistesse, che fosse una possibilità. Con quel poco che sapevo riuscivo a fare le magie.

Non so come si mescolano le immagini che uno incamera con quel che gli raccontano le altre persone; come si mescola il nostro sguardo con lo sguardo altrui, che cosa vediamo noi direttamente e che cosa vediamo con gli occhi degli altri.

Concedersi le cose inutili è come fare un passo laterale e andarsene per viottolini di campagna: certo che si abbandona la strada maestra che ci porterebbe dove dobbiamo andare, ma ne ricaviamo fiori e panorami che non avremmo mai visto.

Scrivere era come sentirsi tirati da una corda, in cima alla quale c’era una pagina da riempiere di parole e, dietro la pagina, quasi come premio, una persona da amare. Qualcosa del genere.

Incredibile come un nonnulla possa intervenire a vanificare l’azione salvifica dei nostri appigli.

Ma i macigni dei padri si riversano sui figli, nessuno li sposta più.

Per chi va via per primo il nastro del tempo si blocca. Non c’è più nessuno svolgimento. Persino il mare non fa più le onde. È come se per noi morisse.

E forse anche noi che ce ne andiamo, per lui, moriamo un po’.

Gli amici persi, quelli con cui abbiamo stretto un legame molto forte e che poi di colpo svaniscono, per ragioni che non sappiamo o anche senza una ragione al mondo. Sono così diversi dagli altri, dagli amici che si mantengono nel tempo. Hanno qualcosa in più. Forse perché con loro pensavamo di fare un sacco di cose che poi non abbiamo fatto.

Ma sera innescato un desiderio, qualcosa che non si poteva più fermare. Come un sapore che, una volta gustato, si conosce per sempre e si cercherà più volte di riprovare.

È fatto di poche cose il passato. Eppure quelle poche cose assumono per noi una consistenza, indelebile e molto solida.

 

Questo libro ha lo scorrere lento del ritmo della vita in campagna. Una storia dentro le storie con una narrazione scorrevole, ma a tratti malinconica, che solo la penna della Mastrocola può narrarla senza farla diventare stucchevole.

Donata, figlia desiderata e amata, ci racconta attraverso i suoi ricordi di bambina la vita dei suoi genitori, le sue sensazioni, i suoi disagi e timidezze, la storia di sua madre, della famiglia di suo padre, l’astio e la gelosia che solo da adulta capisce nei confronti del padre che le “rubava” la presenza della madre.

Una madre torinese, un padre abruzzese, la nonna materna, la grande famiglia del padre nato al Sud, quel Sud fatto di terra, sudore e grandi tavolate, una miriade di parenti che ad imparare tutti i nomi ci vogliono estati interi. Il ricordo dei vicini di casa, le amiche d’infanzia.

Lo scorre del tempo, gli oggetti ritrovati in una casa ormai vuota. E poi i ricordi che si affollano e sono così tanti che gli uni si sovrappongono agli altri facendone un pot-pourri di odori, profumi, usanze, parentele, mancanze, presenze che a volte risultano sfalsate. E in aiuto accorrono le persone a noi care che ci raccontano le vicende nel modo corretto.

Una storia lunga, lenta, infarcita di quei luoghi comuni che non annoiano ma diventano piacevoli; di un mondo che non esiste più e che fa sempre bene all’animo ricordare. Come una vecchia cartolina ritrovata casualmente in un cassetto che fa esplodere in noi ricordi e sensazioni ormai assopite da tempo, o come un bulbo di tulipano messo in un vaso e dimenticato che, in una primavera ormai inoltrate, sboccia dalla terra cogliendoci di sorpresa.

Ecco, questo libro è come un bulbo, ha bisogno del suo tempo per “fiorire”.

La memoria del cielo di Paola Mastrocola, #Una figlia, una madre, un padre

La memoria del cielo
di Paola Mastrocola
Rizzoli 2023 (267 pp)