Io non lo so se sono favorevole al matrimonio, non voglio finire come Fortunata, che si è fatta mettere in gravidanza da Musciacco mentre io mi mangiavo la pasta con l’anciòva a casa di Nardina. Per questo in strada vado sempre di corsa: il respiro dei maschi è come il soffio di un mantice che ha mani e può arrivare a toccare le carni. Così io corro per diventare invisibile, corro con il mio corpo da maschio e il mio cuore da femmina, corro per tutte le volte che non potrò più, per le mi compagne e pure per mia sorella, che è rimasta tumulata in casa come una morta ma ancora viva.
Amate la gabbia più che la libertà. Che ne potevano sapere della libertà, loro che in gabbia ci erano nate e cresciute? Allora iniziarono a farmi più pena che rabbia. Chi in prigionia ci è sempre stato l’indipendenza non se la può nemmeno rimpiangere.
Ti stai facendo bella, osservò.
All’improvviso smisi di sentirmi difettosa: se per mia madre ero bella, lo diventavo veramente. Se mia madre mi vedeva, mi vedeva il mondo. Avevo attraversato la soglia dell’invisibilità. Ero una donna, come lei.
Noi ragazze rimaniamo confuse. Credevamo che il matrimonio allo scuro fosse usanza dei tempi antichi. – Io porto in dono la mia purezza, – si giustificava Tindara, – e lui mi darà una posizione, – aggiunge ripetendo a pappagallo pe parole che deve averle insegnato la perpetua. – È questo il fondamento di un matrimonio felice.
Dopo. Tra me e quella porta c’è un prima e un dopo. Un confine che non voglio passare, perché quel confine sono io, è dentro di me.
Quando li riapro vedo, in fondo a tutto, un’altra figura: un uomo senza cappello che si avvicina con passo lentissimo. Mio padre arriva davanti a me, si accovaccia sulla terra umida, si sfila la giacca e me la poggia sulle spalle. Poi mi solleva, mi prende la mano e me la stringe, appena appena.
Guardami, mamma, vorrei dirle, sono sempre la stessa brocca. Niente ho fatto per finire in frantumi. Ho seguito tutte le tue regole. Mai ho disobbedito, ho detto di sì sempre. Son tua figlia: una sconosciuta che ti somiglia e che forse non ti piace.
Chiudo le ante e resto nei miei panni da lavoro. Non voglio sembrare più bella, non voglio seguire consigli, non voglio obbedire a nessuno più. A che è valso? Al posto delle tabelline e dei verbi irregolari avrebbero dovuto insegnarci a dire di no, tanto il sì le femmine lo imparano alla nascita.
I tempi non sono più quelli di una volta e noi giovani siamo diversi da come eravate voi: non siamo rassegnati a quello che è sempre stato. Un no, da solo, può cambiare una vita, e tanti no messi insieme possono cambiare il mondo.
Così riprendo a respirare e le parole, a una a una, scivolano fuori, come se raccontarsi la storia di un’altra. Come se io non fossi più io.
La vita per gli altri riprende come se nulla fosse accaduto. Era tutto semplice, prima, anche per me! Cozzare di stoviglie, pensieri che vanno e vengono, giorni che scorrono comodi nella lenta noia, invece di questa paura che mi agguanta ogni mattina appena apro gli occhi e tante volte mi tiene compagnia anche la notte.
Pà, – gli domando un giorno mentre rientriamo in casa nel buio nuvoloso del mattino, – sto andando per la strada giusta?
Lui apre la porta, e come sempre, non fa parola.
Quando si va per campi sconosciuti è meglio essere in due. Poco fa mi hai chiesto che cosa faccio. Questo faccio io, se tu inciampi, io ti sorreggo.
Quattro anni di inferno ho patito. Le offese, le botte, gli insulti. Il figlio, me lo fece perdere lui, diceva che non era suo, che l’avevo ingannato, che ero stata una poco di buono a farmi mettere incinta da un altro per prendermi lui. Avevo voluto il matrimonio per forza? Me lo avrebbe fatto vedere lui che cos’era il matrimonio. Quattro anni chiusa in casa, senza vedere anima, senza scambiare una parola con i miei cari. E io muta. Mia era la colpa se mi ero trovata in quella situazione.
Restiamo a bocca chiusa. Le sapevamo queste cose o non le sapevamo? E se non le sapevamo, le potevamo immaginare? Eppure, niente abbiamo fatto, tutti complici delle cose non dette.
Solo per me avevi preteso libertà, mi avevi portata a braccetto per tutto il paese a sfidare le leggi non scritte dell’onore e del disonore. Quale amore speciale hai avuto per me, quali speciali attese, a quali prove mi hai voluto sottoporre?
La verità è che forse non c’era un uomo al mondo che potevo immaginare accanto a te. Volevo farti scegliere in libertà e invece mi sono messo al posto tuo, magari ti ho presa sotto il braccio non per darti sostegno ma per portarti dove dicevo io, e sentirti dire le parole che volevo ascoltare.
Sicilia anni 60. Oliva è ancora una ragazzina che frequenta le scuole medie. A differenza delle sue compagne di scuola, non sogna il matrimonio, addirittura non sa nemmeno se vorrà mai sposarsi. Oliva sogna solo di studiare, leggere e imparare sono le uniche cose a cui ambisce oltre che aiutare suo padre quando va a raccogliere le lumache dopo il temporale.
Oliva cresce nelle regole e nelle severità che la cultura materna si è portata dietro dalla Calabria, non le pesa rispettare le regole materne, sa che la madre lo fa per il suo bene, per proteggerla dalle male lingue del paese ma soprattutto dai ragazzi.
Ma il destino di Oliva viene segnato da un atto deplorevole: un ragazzo la rapisce con l’unico scopo di poterla sposare dopo aver ricevuto il rifiuto alla sua proposta.
Oliva, da sempre ligia alle regole, con il supporto del padre le infrangerà. A supportarla, per la prima volta, sono anche le parole della madre che si piega al volere della figlia.
Affronterà un processo dove da accusatrice diventerà imputata, marchiata dalla comunità locale. Dopo il primo smarrimento, con il benvolere della madre e il supporto della sua amica d’infanzia riprenderà gli studi fino a conseguire il diploma di maestra.
Attraverso questo romanzo Viola Ardone ci riporta a una cultura che per anni ha costretto moltissime donne ad accettare un marito che le ha scelte senza il loro consenso.
In alcuni tratti la scrittura risulta ripetitiva e lenta ma il romanzo di per sé merita la lettura.
Oliva Denaro
di Viola Ardone
Einaudi 2023 (298 pp.)