Thao Nguyen Phan
Reincarnations of Shadows
a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli
È in arrivo la monografia più estesa sull’opera di Thao Nguyen Phan mai realizzata, edita in occasione della mostra Reincarnations of Shadows allestita nello Shed di Pirelli
HangarBicocca a Milano. Un’occasione unica per conoscere la poetica dell’artista e il suo distintivo approccio all’immagine in
movimento.
«Se i racconti popolari celebrano la vittoria del genere umano sulla natura, le storie di Phan, narrate con immagini fisse e in movimento, parlano dell’intreccio tra esseri umani e non e del loro modo di stare insieme, con gioia e con la propria complessità.»
Filipa Ramos, critica d’arte e curatrice La poetica di Thao Nguyen Phan, nata nel 1987 a Ho Chi Minh City in Vietnam dove vive e lavora, fonde tradizioni popolari e narrazioni fiabesche, e, attraverso un linguaggio visivo onirico, riflette sui cambiamenti ambientali e sociali legati allo sfruttamento delle risorse naturali, e alla distruzione e colonizzazione del paesaggio da parte dell’essere umano. Un esempio è Becoming Alluvium, il film – o immagine in movimento, come l’artista definisce i suoi lavori – in cui racconta la vita sul fiume Mekong, unendo mitologia ed ecologia, leggenda e realtà.
In occasione della sua mostra personale in Pirelli HangarBicocca, Marsilio Arte pubblica la monografia più estesa mai dedicata all’artista. Il volume ne approfondisce la pratica mettendo in luce il suo distintivo approccio alle relazioni tra immagine in movimento, disegno e installazione, e presenta un’ampia selezione di opere realizzate dal 2013 ad oggi. Il catalogo include la documentazione fotografica di tutte le opere installate in mostra, insieme a testi critici e approfondimenti tematici. Fra questi l’inedita conversazione tra le curatrici e l’artista, un saggio sul rapporto tra il video e il suo intreccio con la natura della critica d’arte Filipa Ramos, e un testo dello storico dell’arte Roger Nelson che contestualizza l’opera di Thao Nguyen Phan con l’architettura e il panorama artistico del Sud-est asiatico. Oltre all’intervista
dell’artista all’assistente della scultrice modernista vietnamita Diem Phung Thi, il libro contiene una sezione interamente dedicata alla filmografia dei video presenti in mostra, mettendo insieme una pluralità di visioni e voci di curatori, scrittori e critici
internazionali quali Andrea Lissoni, Han Nefkens, Quyên Nguyẽn-Hoàng e Alessandro Rabottini.
Lucia Aspesi è curatrice presso Pirelli HangarBicocca, per cui ha co-curato le mostre di Dineo Seshee Bopape (2022), Daniel Steegmann Mangrané (2019) e Trisha Baga (2020). Nel 2019 ha co-curato l’esposizione di Sheela Gowda, presentata anche presso
Bombas Gens Centre d’Art, Valencia. Nel 2021 ha curato la programmazione espositiva Cosmic Archeology presso il Wäinö Aaltonen Museum of Art, Turku, con mostre di Tabita Rezaire, Alia Farid, Mox Mäkelä e Patricia Domínguez.
Fiammetta Griccioli è curatrice presso Pirelli HangarBicocca, dove ha co-curato le mostre di Dineo Seshee Bopape (2022), Anicka Yi (2022), Daniel Steegmann Mangrané (2019) e di Trisha Baga (2020) e per cui ha lavorato a numerose esposizioni personali e pubblicazioni di artisti come Joan Jonas, Philippe Parreno, Lucio Fontana e Mario Merz.
Brossura con sovraccoperta francese
17 × 24 cm
pp. 232, euro 45,00
edizione bilingue (inglese e italiano)
In uscita il primo dicembre
Triennale.
Cento anni di manifesti
a cura di Mario Piazza
Un originale repertorio che ripercorre l’evoluzione della progettazione grafica, gli stili e gli autori, gli approcci e le tecniche, la comunicazione e il costume dal 1923 al 2022.
In Triennale Milano è da cento anni un punto di riferimento internazionale per la cultura del progetto. Dal 1923, con l’avvio delle Esposizioni Internazionali, ha investigato e mostrato il meglio delle arti decorative, del design e dell’architettura italiana e internazionale. Un enorme patrimonio di storie che è stato interpretato e comunicato dai migliori progettisti grafici nelle diverse epoche. Dagli anni del cartellonismo d’artista, alla grafica progettata, al visual design, il volume consente di ripercorrere, attraverso manifesti e immagini, la storia di Triennale Milano e al contempo di tracciare una storia della progettazione grafica, oltre che della comunicazione e del costume.
Centinaia di manifesti di grandi grafici, come: Aldo Scarzella, Giovanni Guerrini, Marcello Nizzoli, Michele Cascella, Mario Sironi, Enrico Ciuti, Max Huber, Ernst Scheidegger, Marco Del Corno, Eugenio Carmi, Roberto Sambonet, Massimo Vignelli, Albe Steiner, Giulio Confalonieri, Italo Lupi, Alberto Marangoni, Bob Noorda, Mauro Panzeri, Giorgio Camuffo, Anna Kulachek, 2×4; Pierluigi Cerri, Theo Crosby, Wim Crouwel, Michel Folon, Felix Humm, Norm, Massimo Pitis, Leonardo Sonnoli, Ettore Sottsass, Studio FM Milano, TassinariVetta, George Tscherny, Heinz Waibl, Lance Wyman.
Mario Piazza (1954), grafico e architetto, lavora a Milano e si occupa di grafica editoriale, sistemi di identità e allestimento. È docente di Design della comunicazione alla Scuola di Design del Politecnico di Milano. Nel 1996 ha fondato 46xy, studio di grafica e ricerche sulla comunicazione, critica e storia del design. È stato creative director di Domus e direttore di Abitare. Ha progettato l’immagine dei tascabili Einaudi e curato molte esposizioni. Nel 2008 ha ricevuto l’Icograda Achievement Award.
Studio NORM è un team di progettazione grafica sperimentale conosciuto per la sua tipografia. Nel 2019 Stefano Boeri ha affidato a questo studio la nuova identità visiva della
Triennale.
Cartonato ricoperto
22 × 33 cm
pp. 184, euro 40,00
due dizioni italiana e inglese
In uscita il 15 dicembre
Federico Leoni
Metafisica dello specchio.
Anish Kapoor e la poesia delle superfici
Il contemporaneo è un enigma, un’incognita di cui si
è chiamati a interrogare il valore nascosto.
Scommettere sul fatto che ci siano specchi ovunque significa riflettere sulla ragione, su un ordine inatteso che richiede di essere pensato, ci aspetta al varco del presente.
«L’opera di Kapoor ha in sé qualcosa di eterno e insieme di ipermoderno, che promette di ritrovare il segno enigmatico del nostro tempo, il segreto della nostra contemporaneità», Federico Leoni
Artista del non-oggetto, poeta della dualità, autore di opere sospese tra materiale e immateriale, Anish Kapoor esplora la soglia che divide e riunisce luce e ombra, maschile e femminile, concavità e convessità, in un incessante andirivieni di pieni e
vuoti. Le sue opere sono dotate di una presenza incisiva e sottrattiva insieme: sono consistenti e capaci di imporsi con forza irrefutabile, ma allo stesso modo evanescenti. Sembrano essere nel mondo, ma anche disegnare un passaggio in cui il mondo è destinato a riversarsi per scomparire o per risorgere. Grazie a lavori come Sky Mirror, Cloud Gate e Dirty Corner l’inesauribile ricerca condotta dal maestro degli opposti ci consegna «la più chiara esperienza di noi stessi, il nostro ritratto più ovvio, più quotidiano».
In un tempo in cui oggetti e persone parlano di sé stessi attraverso la pelle, lo specchio riporta in superficie la profondità, quella forma scura, quel buco nero che racchiude le domande fondamentali sull’Essere.
Federico Leoni (1974) insegna Antropologia filosofica all’Università di Verona dove dirige, insieme a Riccardo Panattoni, il Centro di ricerca «Tiresia» per la filosofia e la psicoanalisi. È coordinatore scientifico del festival Kum! di Ancona. Scrive su «aut aut», «alias», «doppiozero» e su varie riviste italiane e straniere. Tra i suoi libri: Habeas corpus(2008), L’idiota e la lettera (2013), Bergson (2021), L’immagine-scatola
(2022).
Collana: Dialoghi
pp. 160, euro 16,90
In libreria dal 15 dicembre 2023
La filiera del dono. Il contributo necessario del mecenatismo alla valorizzazione e allo sviluppo della cultura in Veneto
a cura di Mariacristina Gribaudi e Italo Candoni, interviste di Enrico Scotton, prefazione di Vittorio Sgarbi
Il mecenatismo nel Nord-Est è un fenomeno ancora poco conosciuto. Confindustria Veneto ha provato ad aprire una finestra su questo mondo, per lo più divulgando dati quantitativi. Tuttavia, manca un racconto sul perché, prima ancora che sul come. Una
mancanza tanto più avvertibile oggi, in tempi di incertezza sociale ed economica. Serve allora capire perché si investa sul patrimonio di bellezza del nostro Paese, e soprattutto perché lo si faccia in un’area geografica descritta come mera fucina di produzione.
La pubblicazione cerca di far luce su questo, provando a comprendere le motivazioni e gli auspici che accompagnano l’azione del moderno mecenate. Quello che emerge è un quadro composito, un mosaico di iniziative originali, unite da un comune denominatore: l’anelito dell’uomo a circondarsi di bellezza.
Mariacristina Gribaudi, imprenditrice. Amministratrice delegata di Keyline S.p.A. e presidente della Fondazione Musei di Venezia, ha fatto della fabbrica e della cultura le sue due passioni principali. Tanto da essere chiamata a ricoprire numerosi ruoli,
tra cui presidente del Comitato di gestione del Premio Campiello, membro del Gruppo tecnico Cultura di Confindustria, membro del Consilium di Ca’ Foscari. È ambasciatore della Destinazione Monaco del Principato di Monaco.
Italo Candoni è vicedirettore di Confindustria Veneto e direttore di EBIT Veneto. Ha svolto incarichi dirigenziali per la Regione Veneto ed è stato professore a contratto di Ca’ Foscari. È autore di numerose pubblicazioni e ha tenuto molte conferenze, in
particolare sui temi delle reti d’impresa, dello sviluppo delle filiere merceologiche, della progettualità e risorse comunitarie. Dal 2012 segue per Confindustria Veneto il tema della cultura d’impresa e della valorizzazione del patrimonio culturale.
Enrico Scotton, giornalista professionista, dopo una lunga esperienza maturata nelle redazioni di alcune testate locali, ha scelto di occuparsi di uffici stampa, prestando la sua consulenza per enti, imprese, associazioni pubblici e privati. Da anni svolge un servizio come revisore dei conti dell’Ordine dei giornalisti del Veneto. Alla professione affianca un’intensa attività di public relations e svolge attività nel volontariato socio-culturale.
Collana: Ricerche
pp. 104, euro 16,00
In libreria dal 24 novembre 2023
Miriam Kay
La più antica immaginazione
Leopardi e l’ebraico
Nel corso dei suoi studi giovanili, Leopardi si avvicinò alla lingua ebraica tra la fine del 1813e l’inizio del 1814, negli stessi mesi in cui avviò l’apprendimento del greco. Se però dei suoi studi classici si ha un quadro chiaro, del suo rapporto con l’ebraico si sa decisamente meno. La lingua veterotestamentaria esercita negli anni un’influenza silenziosa ma profonda, agendo carsicamente dalle prime prove di traduzione fino al Ciclo di Aspasia. Leopardi studia l’ebraico da autodidatta, affidandosi a grammatiche,
lessici e bibbie poliglotte presenti nella biblioteca paterna; nel 1816 questa conoscenza libresca si misura con la traduzione dei Salmi e del Libro di Giobbe, senza che questi tentativi vedano mai la luce. Sarà solo con la scrittura multiforme e stratificata dello Zibaldone che Leopardi si confronterà realmente con questa lingua, mettendo a frutto le competenze critiche e filologiche acquisite: dell’ebraico ci consegna un’immagine aurorale e suggestiva, a partire dalla sua morfologia povera, dalle sue strutture grammaticali imprecise, fino ad arrivare a una visione che abbraccia lo stile della poesia biblica in tuttala sua forza immaginifica. La sublimità delle espressioni salmistiche, della loro sovrabbondanza vitale, e il potenziale evocativo degli episodi biblici, cari a Leopardi sin dall’infanzia, si fondono nello stile
imperfetto di questa lingua e dei suoi testi, risalenti all’alba della scrittura e dunque della civiltà, ancora fanciulli e portatori di una creatività inesauribile.
Miriam Kay (Roma, 1994) è dottoranda di ricerca in Studi italianistici presso l’Università di Pisa in cotutela con l’Université Sorbonne Nouvelle, con un progetto sul saggio incompiuto On Literary Criticism di Ugo Foscolo. Ha ricevuto nel 2020 il
riconoscimento di “Laureata Eccellente” in Filologia Moderna all’Università di Roma “La Sapienza”, con una tesi sullo studio della lingua ebraica di Giacomo Leopardi, per la quale ha vinto (1° posto ex aequo) il «Premio Giacomo Leopardi» (xvi edizione) nel
2023. Dal 2016 è membro del Laboratorio Leopardi e dal 2022 del CRIF (Centro di Ricerca Interuniversitario Foscolo).
Collana: Saggi
pp. 200 , euro 20,00
In libreria dal 8 dicembre 2023
Sirene
Il mistero del canto
A cura di Elisabetta Moro
Omero, Ovidio, la Motte Fouqué, Andersen, de Nerval, Serao, Kafka, Joyce, Bachmann.
Sempre le stesse, sempre diverse. Donne uccello o donne pesce. Hanno due corpi ma un solo nome. La natura spaesante e affascinante delle sirene raccontata dalle voci della grande letteratura.
Cantano, suonano, incantano, piangono, ammutoliscono. Le sirene, figlie del mito e guardiane del mistero, sono predestinate a svolgere un ruolo emblematico nella storia dell’umanità. Presidiano la soglia tra luce e ombra, tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Il loro corpo ibrido è come un geroglifico che tiene insieme l’umano e l’animale in una endiadi di perturbante bellezza. Come se, nel momento stesso in cui la mente umana ha inventato queste creature, avesse lanciato una sfida poetica e conoscitiva a quel principio della «contradizion che nol consente», per dirla con Dante. Perché di contraddizione si tratta. Di una unione tra due nature, umana e animale, e proprio per questo l’esito è un essere fantastico destinato a impressionare nel profondo il nostro immaginario. Al punto che da oltre tremila anni le incantatrici interrogano la testa e il cuore dell’Occidente. Omero le ha trasformate in un mito immortale raccontando il loro incontro fatale con Ulisse. Ovidio ne ha descritto la metamorfosi originaria. Friedrich de la Motte Fouqué ha ammantato di inquietudine le loro vicende terrene. Hans Christian Andersen ha portato il lettore dalla loro parte fino all’immedesimazione. Gérard de Nerval e Matilde Serao hanno celebratole glorie di una delle sirene omeriche, Partenope, la mitica fondatrice di Napoli. Franz Kafka le immagina come mute e dispettose eroine antiborghesi. James Joyce le innesta come ultime vibranti epicuree nel flusso di coscienza dell’Occidente. Ingeborg Bachmann invoca la loro furia distruttiva per vendicarsi di chi le ha spezzato il cuore. A legare
tutte queste variazioni sul mito sirenico sono il potere allucinatorio della voce e l’abissale mistero del canto.
Elisabetta Moro è professore ordinario di Antropologia culturale all’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa. Condirettore del Museo virtuale della dieta mediterranea e del MedEatResearch. Presiede il comitato della cattedra Unesco in Intangible Cultural Heritage and Comparative Law dell’Università di Roma Unitelma
Sapienza. È componente dell’Assemblea della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco. Editorialista del «Corriere della Sera», del «Mattino», collabora con canali radiotelevisivi come Rai e CNN. Tra i suoi libri: Sirene. La seduzione dall’antichità ad
oggi (2019), L’enigma delle sirene. Due corpi un nome (2008), La santa e la sirena. Sul mito di fondazione di Napoli (2005), La dieta mediterranea. Mito e storia di uno stile di vita (2014). Con Marino Niola ha scritto: Andare per i luoghi della dieta mediterranea (2017), Baciarsi (2021), Il presepe (2022), Mangiare come Dio comanda (2023).
VARIAZIONI SUL MITO
Collana: Letteratura universale Marsilio
pp. 328, euro 20,00
In libreria dal 28 novembre 2023
Elena Grazioli
Se non vado errato con i ricordi
Giacomo Casanova a Dux
Dare voce a quello che ad arte viene taciuto: un libro che colma la lacuna della celebre autobiografia di Casanova.
Una vita costellata di molti incontri ha immancabili addii. Ma su questi, ultimi e definitivi, Casanova non vuole pronunciarsi. L’istrionica costruzione autobiografica dell’Histoire de ma vie si chiude su un abisso di silenzio durato più di vent’anni. Eppure
Casanova sa giocare sapientemente tutta la sua esistenza, narrata o vissuta che sia, mescolando abilmente invenzione e realtà, fra reticenze e argute ricostruzioni letterarie, ben consapevole di quello che tutti si aspettano da lui: una vita
avventurosa, dissoluta e libertina. Ma da quando nel 1785 arriva a Dux, in Boemia, come bibliotecario del conte di Waldstein, fino alla morte, l’inguaribile grafomane tace. Uno spiraglio, però, c’è: le lettere scambiate con Cecille von Roggendorff, ultimo astro luminoso nella galassia della sua esistenza, una figlia più che una amante, la sola capace di restituirci il racconto di un mito fino all’ultimo giorno.
Elena Grazioli è dottoranda presso l’Università di Pisa in Letteratura italiana contemporanea, con un progetto sulla rivista «Nuovi Argomenti». Ha svolto il suo percorso di studi all’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, e come borsista
ha frequentato l’Université Paris-Sorbonne (Paris IV) e l’École Normale Supérieure di Lione. Su Casanova ha pubblicato fra l’altro il saggio Umori e lettere inglesi delle confidenti di Giacomo Casanova (in Il tappeto rovesciato. La presenza del corpo negli
epistolari e nel teatro dal XV al XIX secolo, a cura di T. Korneeva, Marsilio 2019) e, con Bruno Capaci, Giacomo carissimo… Lettere delicate e deleterie a Giacomo Casanova (I Libri di Emil 2019).
Collana: Ricerche
pp. 184, euro 17,00
In libreria dal 15 dicembre 2023

Direttore responsabile di No#News Magazine.