Se è vero che la nascosta presenza di questo quaderno da un sapore nuovo alla mia vita, debbo riconoscere che non serve a renderla più felice.

Temo che, ammettendo di aver goduto sia pure di un breve riposo, uno svago, perderei la fama che possiedo di dedicare ogni attimo del mio tempo alla famiglia. Infatti, se lo ammettessi, tutti quanti mi circondano non ricorderebbero più le ore innumerevoli ch’io trascorro in ufficio o in cucina o a fare la spesa o, a rammendare, ma solo i brevi momenti impiegati nella lettura di un libro o di una passeggiata.

Se a volte dico «Mi sento poco bene» fanno un breve silenzio rispettoso e impacciato. Poi io m’alzo, riprendo a fare ciò che debbo. Nessuno si muove per aiutarmi.

Siamo sempre inclini a dimenticare ciò che abbiamo detto o fatto nel passato, anche per non avere il tremendo obbligo di rimanervi fedeli.

C’è nel mio carattere qualcosa che non riesco a decifrare. Finora avevo sempre pensato di essere chiara, semplice, e tale da non riservare a me stessa e agli altri alcuna sorpresa.

Mi sembra d’essere giunta a un punto in cui sia necessario tirare le somme della mia vita, come mettere ordine in un cassetto in cui, per lungo tempo, tutto è stato gettato alla rinfusa.

Una famiglia esprime una forza, una forza ineluttabile, tremenda, che, forse, a chi è ancora molto giovane può sembrare opprimente.

Provo una sorta di riluttanza a tornare a casa in questi giorni. Mi consola soltanto il pensiero di questo quaderno. …

Michele ha trovato vari altri motivi di irritazione. Ha detto che da un po’ di tempo in qua la casa è in gran disordine. È vero. Per scrivere il diario trascuro i miei doveri. Il fatto è che mi pare d’essere stata io stessa a inventare molti obblighi per vincolarmi a essi.

Michele mi ha sorpreso alzata a tarda ora, ha sospettato che scrivessi a un uomo. Non immaginerebbe mai che io tengo un diario; gli è più facile credere che io ubbidisca a un sentimento colpevole, piuttosto che riconoscermi capace di pensare.

Riccardo insisteva nel sottolineare che Marina è molto diversa da Mirella, che non ha le abitudini delle ragazze moderne, si tinge appena le labbra, non esce mai con uomini, se non con lui e che, del resto, egli non le permetterebbe di fare altrimenti. «È tutta dedicata a me, io posso farle fare quello che voglio, ha un carattere dolce e remissivo».

«Tu pensi che per una donna avere qualche soddisfazione personale, oltre quello della casa e della cucina, sia una colpa: che il suo compito sia quello di servire. Io non voglio, capisci?»

Spesso, di fronte al cattivo umore degli uomini, mi domando che cosa essi farebbero se, invece del solo lavoro avessero, come ogni donna, tanti diversi problemi da fronteggiare e risolvere.

Ora che comprendiamo tante cose, forse potremmo incominciare a vivere insieme davvero, se non ci vergognassimo di confessare ciò che sentiamo. Mi domando se il riserbo che a lungo andare finisce per dividere i coniugi, sia un male o una difesa.

Forse vi sono persone che, conoscendosi, riescono a migliorarsi; io, invece, più mi conosco e più mi perdo. Del resto non so quali sentimenti potrebbero resistere a un’analisi spietata, continua; né quale persona, specchiandosi in ogni sua azione, potrebbe essere soddisfatta di sé.

Di fronte a queste pagine, ho paura: tutti i miei sentimenti, così sviscerati, marciscono, si fanno veleno, e ho la coscienza di diventare rea quanto più tento di essere giudice.

Adesso io mi domando dov’è che sono stata più sincera, se in queste pagine o nelle azioni che ho compiuto, quelle che lasceranno di me una immagine, come un bel ritratto. Non lo so, nessuno lo saprà mai.

 

Una donna ancora giovane, moglie e madre, d’impulso compra un quaderno e inizia ad annotare ciò che succede nelle sue giornate familiari fino ad arrivare a scriverci i suoi pensieri più intimi.

Man mano che scrive si rende conto dei rancori, dei sogni che sono rimasti tali, delle frustrazioni, delle cose non dette che negli anni hanno plasmato il suo matrimonio. Da Valeria è diventata “mammà” quasi come se la sua esistenza fosse solo gestire la casa, i figli e occuparsi di tutto ciò che ne comporta.

Un’analisi profonda e destabilizzante della condizione femminile che, ahimè, vedeva la donna come colei che si doveva immolare al benessere della famiglia, due braccia e nulla più.

A tratti l’ho trovato noioso, altre incomprensibile del perché la protagonista trovava corretto rinunciare ai suoi desideri in funzione del benessere degli altri, altre ha scaturito in me una tale rabbia che mi è persino venuta la voglia di lanciare il libro dalla finestra.

Mi chiedo, perché ancora oggi alcune madri trovano corretto crescere i figli maschi come reietti a cui esaudire ogni desiderio, non dargli mai torto, farlo sentire su un piedistallo e non farlo partecipare alle attività domestiche?

Quaderno proibito di Alba de Céspedes, #La quotidianità di una madre, moglie e donna

Quaderno proibito
di Alba de Céspedes
Mondadori (291 pp.)