Stay Still è il primo lungometraggio della regista e sceneggiatrice Elisa Mishto, di origini italiane, ma berlinese da circa vent’anni. Alle spalle una carriera da video-artist, ha difatti precedentemente diretto svariati documentari, tra cui States of Mind, esperienza fondamentale di analisi e osservazione della vita all’interno degli ospedali psichiatrici, da cui nascerà l’idea per il soggetto di Stay Still.
Stay Still è un film femminile, a metà strada tra il dramma e la commedia (pacato e acuto sarcasmo) che vede schierate due anime opposte, ma affini: Julie e Agnes (interpretate rispettivamente da Natalia Belitski e Luisa-Céline Graffon); la prima preferisce fingersi pazza per eludere le responsabilità verso se stessa e verso la società, prediligendo dunque un mondo di apatia e disinteresse; la seconda, una giovane madre, che di contro non sa come gestire il peso delle proprie responsabilità (una figlia che non riesce ad amare, un marito trascurato, un lavoro da supervisore mal sopportato). La prima è una manipolatrice, la seconda è fortemente manipolabile, un gioco caratteriale che fa da collante alla loro relazione (rapporto che ricorda quello di Lisa e Susanna in Ragazze interrotte, James Mangold, 1999). Ma è anche un film di madri e di figlie, di amore e di odio, di voce e silenzi.
Il concetto chiave pare essere, dunque, quello dell’impotenza e della non azione, in una società che richiede e pretende un dinamismo sfrenato, è istintivamente più facile lasciar perdere. E il mondo della malattia mentale è qui trattato in maniera diversa da come potremmo aspettarci, è un pretesto sia per giustificarsi e isolarsi (Julie), sia per distaccarsi dalla realtà in maniera più o meno definitiva (Agnes). Julie non ha amici, non ha una vita sociale, non ha un lavoro e non le interessa “Io non voglio fare niente”, emblema di una generazione, la nostra, che sfugge per non soffrire la pressione, fino a un punto di nuovo inizio o non ritorno, “Tu non stai male (…) non sei malata”. Agnes, invece, che è una madre e ha un lavoro, rivede in se stessa lo stesso desiderio di Julie, pur trovandosi dall’altro lato della barricata, quasi a sottolineare che forse siamo tutti un po’ pazzi o potremmo desiderare di esserlo. E l’incontro tra queste due anime, nonché il crollo definitivo della barriera tra paziente e supervisore, diventa concreto solo nell’atto silenzioso e pacato di un rapporto carnale, in cui le mancanze vengono colmate vicendevolmente.
Ci troviamo, dunque, dinanzi a un mondo filmico e a un racconto “imperfettamente” simmetrico con elementi ricorrenti che non mancano di farcelo notare. Pensiamo al fuoco, che precede o segue ogni momento di crisi (la macchina e la casa bruciate come preludio di un nuovo internamento o intervento; i capelli di Katrin che prendono fuoco in seguito a una profonda crisi emotiva della paziente) e poi, di contro, c’è l’acqua che simboleggia unione, calma e silenzio, esattamente ciò che Julie definisce fondamentale: “La cosa più importante se si vuole imparare a rimanere immobili è l’assenza di rumore, il silenzio. Ma devi essere sola (…) perché tutte le relazioni umane, prima o poi, diventano assordanti”, ma alla fine Julie non è mai da sola, ricerca la compagnia, sia fisica che emotiva, quasi a voler suggerire uno sforzo estremo di solitudine, che contrasta con l’esigenza primordiale di provare delle emozioni e provarle per qualcuno. Il suo “migliore amico”, Rainer (un fantastico Giuseppe Battiston) è muto fin dall’inizio, ma è a Julie che sceglie di sussurrare, alla fine del racconto, parole a noi incomprensibili, ed è con lui che Julie decide di fuggire (scena che ci ricorda – a tratti- la fuga al femminile ne La pazza gioia di Palo Virzì, 2016). Silenzio, staticità e solitudine non possono durare per sempre, perché alla fine dei conti la felicità non è mera ricompensa, ma anche libertà di scelta, “per stare fermi, bisogna muoversi”.
Ulteriori ed evidenti simmetrie sono anche quelle cinematografiche/scenografiche (pensiamo all’inquadratura di Julie che spinge il carrello tra le corsie del supermarket, o alla stessa che scende dalle scale mobili; o alla prima inquadratura di Agnes che si reca all’interno della clinica). E ancora, simmetrico è il contrasto tra gli ambienti, quello asettico seppur rassicurante della clinica (che ricorda gli interni di Unsane, Steven Soderberg, 2018) e quello colorato, ma confusionario dell’abitazione di Agnes. Percepibile è anche un contrasto cromatico, che definisce le protagoniste, accentuandone la diversità: il giallo dei guanti di Julia e il rosso degli abiti di Agnes, così come il contrasto musicale tra l’allenamento mattutino dei pazienti e la danza sfrenata in discoteca. La musica, di contro al silenzio ricercato da Julie, diventa terza protagonista del film. Composta da Sascha Ring (Apparat) – personaggio di spicco della musica elettronica, nonché famoso per aver composto l’intro dell’acclamata serie tv netflix Dark e vincitore di un David di Donatello miglior musicista per le musiche del film Capri-Revolution (Mario Martone, 2018) – è una colonna sonora dinamica ed enigmatica, grazie alla quale si fa strada la modernità del racconto unita alla ricercata ironia.
In ultimo, gli animali (formiche, cinghiale, lama, bisonte, chiocciola), continuamente citati e mostrati all’interno del racconto, assumono le vesti di accompagnatori silenziosi e metaforici, estremamente esplicativi di situazioni e disagi.
Coprodotto da Andrea Stucovitz e presentato nella sezione Panorama Italiano di Alice nella Città 2019. In anteprima mondiale al Munich International FilmFestival, Stay Still ha ricevuto la nomination per la Miglior Regia e la Miglior Sceneggiatura, mentre ha vinto il premio per la Miglior Sceneggiatura all’Endas Expo.
Amalia Cipriani, classe 1992. Nel 2014 ha conseguito una laurea triennale in Arti, musica e spettacolo presso l’Università di Salerno, dal 2015 al 2016 ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti, per poi trasferirsi a Bologna e conseguire nel 2019 una laurea magistrale in Cinema, televisione e produzione multimediale. Nello stesso anno ha completato un corso intensivo in Social Media Management.
A luglio 2020 ha terminato un master in Promozione e digital marketing per il cinema. Attualmente vive a Milano e lavora in stage presso un’agenzia di grafica e comunicazione.