Mentre affrontiamo la gravità della pandemia in corso, sperando di non farcene sopraffare, è utile ricordare a noi stessi che c’è anche un lato positivo negli eventi avversi, cioè che siamo sempre in potere di difenderci (dai noi stessi, dalle nostre paure e preoccupazioni) dando un colpo di grazia a tutto ciò che di superfluo c’è nelle nostre vite.
Chiunque, prima, durante o dopo la quarantena, ha accumulato energie che non ha speso e, considerato che il suo spettro si sta aggirando nuovamente nelle nostre vite, dobbiamo evitare di disperdere quelle energie o la prossima volta non potremo più fare fronte all’esplodere di un’emotività repressa.
C’è chi, per uscire da un periodo buio, impiega pochi giorni. C’è tuttavia chi fa trascorrere intere settimane per accettare che alcune cose non sono andate come desiderava, come per esempio “perdere” – magari involontariamente – una persona tanto amata. Questa forse non tornerà più ma anche se lo facesse non la sentiremmo nemmeno entrare, perché riaverla non è più quello che vogliamo.
Scontato, vero?
Chiediamolo a Patrizio Solitano, protagonista di un film che mi azzardo già a definire “vintage” (visto il ritmo serrato con cui il passato si allontana sempre più in fretta dal presente), uscito nel 2012 con il titolo di “Silver Linings Playbook”, tradotto in Italia con il titolo di “Il lato positivo”. Protagonisti Bradley Cooper e Jennifer Lawrence.
Pat (Cooper) esce da una clinica psichiatrica in cui ha vissuto per otto mesi dopo aver aggredito un uomo. Non un uomo qualunque, ma l’amante di sua moglie Nikki, una professoressa di Storia.
Impiega parecchio tempo ad adattarsi al brutto ricordo che ostinatamente lo perseguita, convinto del fatto che continuare a portare la fede nuziale al dito denota che il suo matrimonio non è ancora finito. A fatica va dal suo psicologo, a fatica prende le medicine che lo stordiscono ma gli servono indubbiamente: tutto ciò che vuole è riavere indietro l’amore precedente a quegli otto, maledetti mesi.
Pat ovviamente non si rende conto di una cosa: la felicità del suo presunto matrimonio consolidato era a tutti gli effetti un “inferno” sotto mentite spoglie, a maggior ragione perché la tranquillità è sparita in un attimo. Viceversa, ignora che gli imprevisti del minaccioso ritorno alla normalità sono il segnale che presto le cose si aggiusteranno. E qui emerge il suo (ma anche nostro) lato positivo: accettare con umiltà che, per farsi aggiustare il cuore spezzato, deve accettare l’aiuto di un fattore esterno, il quale potrebbe chiamarsi Tiffany (Lawrence), essere una vedova disoccupata con altrettanti disturbi bipolari, impegnata a superare una gara di ballo.
Lo scopriranno sopratutto coloro che non hanno mai visto il film, assaporando un racconto estremamente piacevole, tragicomico ma lontano dalla stucchevolezza, verosimile, buffo e insieme melanconico, costruito attorno la fragilità di un giovane uomo alle prese con una vita che, in suo aiuto, manda degli amici imprevedibili e un genitore fissato con il Football.

Vorrebbe avere una conversazione con Audrey Hepburn, ma si accontenterà di sognarla guardando i suoi film.
Ama leggere: legge qualsiasi cosa scritta su qualsiasi superficie materiale e, se la trova particolarmente attraente, la ricopia subito senza pensarci troppo.
E fu così che iniziò millemila quaderni delle citazioni sparpagliati tutti sulla sua scrivania in disordine.