Strasburgo, Bologna, Imola, Rimini, New York, Roma, Città del Vaticano, poi ancora Strasburgo e infine Rimini: la storia di Giorgio Rosa e di come convinse tre amici a credere nel grande progetto della sua vita è una storia globale, che abbraccia confini e terre diverse, ma in principio si concretizza nella terra di nessuno, tanto vicina da appartenere all’Italia quanto lontana da non rientrarci di qualche “centimetro”.

Ispirato a fatti realmente accaduti, impregnato di lotte studentesche e feste concitate in cui ci si scambia Sangrìa, il nuovo lungometraggio di Sydney Sibilia si tuffa nel passato anche per farci interrogare su un presente non molto differente, insieme confuso e ineffabile. La sua ironica e nostalgica opera, uscita il 9 dicembre su Netflix, galleggia nel ’68 come i tubi di ferro vuoto che Rosa fa calare nel fondale marino per dare stabilità alla piattaforma su cui edificherà il suo stato indipendente.

Bizzarro inventore, dalla fantasia incontrollata, Giorgio non riesce ad essere preso sul serio da nessuno, nemmeno dalla sua amata Gabriella, ex fidanzata di cui è tuttora estimatore (non per niente è lei l’avvocato che vuole avere accanto per difendersi dalle possibili accuse, anche se in realtà gli basterebbe riaverla di nuovo tutta per sé e per sempre…).

A bordo della sua futuristica automobile compirà un freddoloso viaggio di autoaffermazione e riscatto, per convincere il Consiglio dell’Unione Europea a prendere in carico la sua causa, altrimenti rischierebbe di rinunciare al suo grande sogno. Un sogno che ha attirato tanti giovani, incuriositi dalla promessa di indipendenza e libertà, nonché fratellanza e ugualità per tutti, riscontrabili tutti nell’adozione della lingua neutra per eccellenza come idioma ufficiale dell’incredibile Isola delle Rose: l’Esperanto.

Grazie all’appoggio di Maurizio Orlandi (suo  ex compagno di studi, viziato e sempre alticcio), Pietro Bernardini (primo naufrago e abitante dell’isola di Acciaio) e Wolfgang Rudy Neumann (ex soldato tedesco, disertore e amante del divertimento), ai quali si affiancherà anche una giovane hippie ribelle e incinta, Giorgio non desisterà nemmeno di fronte alla richiesta (poi minaccia) di fargli smontare l’Isola da parte di vari politici italiani di spicco (in particolar modo il suscettibile Ministro dell’Interno), e terrà saldi i nervi anche negli attimi più desolanti della sua avventura.

L’ironia e il sarcasmo danzano a braccetto e ininterrotti per tutta la durata del film, materializzandosi in battute di spirito veramente godibili, per quanto amare e talvolta malinconiche – paradosso questo dovuto alla dilagante incertezza che accompagnò effettivamente gli ultimi anni di un decennio rimasto impresso nella memoria collettiva; la fotografia diventa spesso simbolica, fredda nei momenti più critici (ad esempio l’inverno a Strasburgo), calda soprattutto in quelli più spensierati vissuti a bordo della “piattaforma”, come le interminabili feste di benvenuto.

Il cast si compone di volti già noti che si riconfermano anche stavolta come volti immancabili nell’attuale panorama cinematografico, prima fra tutti la giovanissima Matilda De Angelis, che recita forse per la prima volta nel suo originario e tenero accento bolognese. Anche Germano si cala nei panni di un eterno bambino scanzonato nel modo più indisturbato che gli riesca, forse con una credibilità ancora più affascinante del suo antecedente Giovane favoloso…

Colonna sonora energica, ricca di vibrazioni “sixties” e scenografia perfettamente retrò.