RI-SCATTI. CHIAMAMI COL MIO NOME, una mostra fotografica accende i riflettori sulla vita, sulle esperienze, sulla quotidianità delle persone transgender.


Dal 7 ottobre al 5 novembre 2023 al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano la nona edizione del progetto di fotografia sociale RI-SCATTI ODV e promosso dal Comune di Milano con il supporto di Tod’s.
Con un’offerta per gli scatti in mostra si potrà contribuire a sostenere l’operato dell’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET) e dello Sportello Trans di ALA Milano Onlus.

“RI-SCATTI. Chiamami col mio nome” è il titolo della mostra in programma da oggi al 5 novembre, ideata e organizzata dal PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano e da Ri-scatti ODV – l’associazione di volontariato che dal 2014 realizza progetti di riscatto sociale attraverso la fotografia – e promossa dal Comune di Milano con il sostegno di Tod’s.
L’edizione di quest’anno, la nona, è realizzata in collaborazione con l’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET) e lo Sportello Trans di ALA Milano Onlus.

Trecentoventiquattro scatti fotografici realizzati grazie a tre mesi di corso da sedici persone fra transgender e non-binary, sia AFAB (Assigned Female At Birth) che AMAB (Assigned Male At Birth), di età compresa fra i 20 e i 65 anni, che raccontano l’ampio e sfaccettato universo dei percorsi di affermazione di genere attraverso le loro vite, le loro esperienze e la loro quotidianità.

Le fotografie in mostra al PAC sono quelle di Alba Galliani, Antonia Monopoli, Bianca Iula, Elisa Cavallo, Fede, Ian Alieno, Lionel Yongkol Espino, Logan Andrea Ferrucci, Louise Celada, Manuela Verde, Marcella Guanyin, Mari, Nico, Nico Guglielmo, Riccardo Ciardo, Seiko. Dopo aver seguito un percorso formativo supervisionato come sempre da fotografi professionisti, volontari di Ri-scatti, si sono raccontati con la macchina fotografica in mano, raccontando con fierezza un percorso di affermazione di genere basato sull’autodeterminazione del sè, riconoscendo e utilizzando la diffusione della conoscenza come prima arma di difesa contro la transfobia. La corretta informazione e il contatto con persone che si pensano lontane, ma che semplicemente non si conoscono, può infatti aiutare a rivedere le proprie posizioni e, più semplicemente, a comprendere.

L’esposizione, a cura del conservatore del PAC Diego Sileo, si propone di raccontare storie vere, frutto di una libera espressione. Più di trecento fotografie mettono in luce le identità delle persone trans e il loro complesso percorso di affermazione di genere, accendendo i riflettori sulle difficoltà ma anche sulla forza che porta con sè il potersi autodeterminare per ciò che si è: per se stessi, per la propria famiglia, per la società.

I vari racconti che si ritrovano negli scatti in mostra si muovono su direttrici multiple. C’è un livello molto esplicito, che descrive la transizione, i cambiamenti del corpo, le medicine da prendere. C’è invece chi ha scelto un registro espressivo più poetico, simbolico e artistico, prediligendo soggetti evocativi con cui descrive il proprio stato d’animo: il risultato sono immagini che denotano calma e serenità contrapposte ad altre più cupe, ma sempre in una chiave molto personale e non descrittiva. Non manca talvolta un approccio di tipo più reportagistico, ma c’è spazio anche per una dimensione dalla quale emergono le difficoltà della transizione di genere, i complessi rapporti di queste persone con la famiglia, con l’esterno e, prima ancora, con sé stesse. C’è tuttavia anche chi esprime con le proprie foto leggerezza e ironia, giocando in maniera scanzonata e provocatoria, e chi infine ha scelto di usare la fotocamera in ottica di confronto, raccontando la propria vita prima e dopo la transizione, anche in forma di dittici.

La mostra è a ingresso gratuito e rimarrà in programma per un mese fino al 5 novembre. Le foto e il catalogo sono in vendita e l’intero ricavato sarà devoluto a sostegno dell’operato dell’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET) e dello Sportello Trans di ALA Milano Onlus. Completano l’esposizione alcuni appuntamenti collaterali. Giovedì 19 ottobre il PAC ospita la presentazione del libro “INDIETRO NON SI TORNA. Il lungo cammino dei diritti civili delle persone LGBT+ in Italia.

Una storia personale, una battaglia politica” di Monica Romano, alla presenza dell’autrice e di Alessandro Zan, che ha scritto la prefazione. L’evento è a ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili. Sabato 28 ottobre, dalle ore 22 alle 3, arte, fotografia e musica elettronica si fondono grazie a Le Cannibale che porta al PAC i djset e i live di tre artist. transgender: in consolle la dj tedesca Bashkka, presenza costante al Berghain e dj resident del Blitz Club di Monaco; al suo fianco Ubi Broki, artista che rappresenta da oltre un decennio la scena queer e LGBTQ+ milanese, e il live set del progetto trasversale tra le arti performative e contemporanee Dafne. Il biglietto per partecipare alla serata costa 18 euro. Per ulteriori informazioni: lecannibale.it/lcpac-riscatti.

“Nei tre mesi di laboratorio fotografico, tramite i suoi volontari, Ri-scatti ha cercato di fornire strumenti tecnici e narrativi a 16 persone transgender per poter raccontare la propria storia personale. Ognuna di loro ha trasformato in immagini le difficoltà della transizione, le proprie gioie nei risultati ottenuti e la sofferenza nel raggiungerli, con chiavi di lettura sempre uniche che spaziano dalla poesia al simbolismo, passando per l’ironia e per manifestazioni esplicite della propria personalità fino alla provocazione. In un esercizio artistico e narrativo per mostrarsi al mondo esterno, raccontandosi prima a sé stessi e poi all’esterno, verso quel diritto al riconoscersi e a farsi riconoscere per ciò che si è realmente”.
Stefano Corso – Presidente Ri-scatti ODV

“Credo che l’identità nasca in un luogo dove non esistono parole, dove non si può spiegare tutto, dove, di fatto, non è necessario spiegare nulla. Succede che una persona cresce e si rende conto che, nonostante appartenga alla stessa specie di tutta quella gente che c’è lì fuori, possono esistere differenze inconciliabili tra una persona e l’altra, e la cosa peggiore di tutte è che possono esserci differenze emarginate, represse, perseguitate, stigmatizzate. Viviamo in una società in cui l’identità è segnata da questo tipo di proscrizione, per questo nasce la necessità di parlarne, di spiegarla e addirittura si genera un impegno “esibizionista” di risposta al tentativo della maggioranza di occultare o relegare a un piano patologico una differenza che infrange le frontiere della norma. Perché quindi raccontarla attraverso l’arte della fotografia? Per amplificare una voce che le è stata strappata dalle convenzioni che poco o niente hanno a che vedere con l’ambito sessuale. Quando la società ti mette un’etichetta non ti chiede il permesso per farlo, risponde alla nota necessità di dare un nome a tutto, alla brama di classificazione”
Diego Sileo – Conservatore PAC Milano e curatore della mostra

“È la prima volta nella storia del nostro Paese che un museo civico decide di ospitare una mostra all’interno della quale le persone trans sono protagoniste e non oggetto della lente di una storia scritta da qualcun altro. Ogni partecipante ha sviluppato il suo personale progetto ma, sarà evidente appena varcherete l’ingresso della mostra, il fil rouge è il corpo; un corpo politico, che non chiede di essere accettato o convertito, bensì ascoltato e riconosciuto nella sua libertà di autodeterminarsi in quanto tale. “Il corpo è mio e decido io”: nella varietà delle storie, questa è sicuramente la chiave di volta del prodotto della narrazione collettiva della mostra. Ed è proprio per questa chiave che abbiamo deciso, dal principio, di aderire al progetto. Noi ci occupiamo di politica, cultura ed etica e l’arte è il perfetto contenitore delle varie sfaccettature che ci contraddistinguono come associazione. Devo dire, a progetto concluso, che . ragazz. di ACET che hanno partecipato non solo hanno saputo davvero rendere l’arte politica ma soprattutto che, attraverso le loro immagini, sono riuscit. a raccontare le istanze di un movimento, che vede le persone trans nell’ottica dell’empowerment e non del pietismo, decostruendo una narrazione sbagliata che da fin troppi anni grava su di noi. Raccontare così tanto in uno scatto è estremamente difficile, loro ci sono riuscit..”
Guglielmo Giannotta – Presidente ACET

“Ancora oggi, in alcuni contesti, le persone transgender vengono viste come persone ai margini della società civile. Questo progetto mette il luce tutte quelle persone transgender che non sono visibili per tanti motivi, attraverso comportamenti quotidiani. Inoltre il progetto non fa altro che scardinare lo stigma che le persone transgender vivono quotidianamente. Noi come Ala Milano e come Sportello Trans, nello specifico, abbiamo partecipato volentieri al progetto per contribuire a far cambiare quell’idea fortemente negativa delle persone cisgender eternormative nei confronti delle persone transgender. Penso che la mostra sia veramente meravigliosa, perché attraverso le foto di ogni persona che ha partecipato sembra di camminare al loro fianco, nel loro mondo, con i loro pensieri, con le loro sofferenze ma anche con il forte desiderio di essere se stess*.”
Antonia Monopoli – Responsabile Sportello Trans ALA Milano Onlus