L’arte a Milano non si ferma, proseguono infatti le mostre dedicate alle grandi artiste del nostro tempo con il palinsesto “I talenti delle donne” che il Comune sta portando avanti da più di un anno. Questa volta è il Mudec Photo di Via Tortona a proporre la retrospettiva di una grande fotografa di origine italiana: Tina Modotti.

La mostra organizzata dal Comune di Milano e il 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE in collaborazione con SUDEST57, il Comitato Tina Modotti di Udine e curata da Biba Giacchetti, sarà visitabile fino al 17 novembre 2021. Più di 100 fotografie di stampe originali riprodotte dai negativi della fotografa, con anche lettere e foto di famiglia conservate dalla sorella Jolanda, per far conoscere al visitatore l’arte e la vita di questa donna libera e coraggiosa.

Tina Modotti nasce a Udine nel 1896 in una condizione di povertà che la costringe presto a emigrare negli Stati Uniti dove si dedica anche alla recitazione. Il suo fascino e la sua espressività prorompono già in alcune delle prime foto del percorso dove, ritratta da altri fotografi tra cui Edward Weston, Tina è in posa, sagoma nera sull’uscio di casa o affacciata a una finestra, oppure nei primi piani intensi di quando recita una poesia.

Proprio grazie a Weston, all’epoca compagno di vita, inizia a esplorare il suo talento creativo attraverso la fotografia, allontanandosi dalla carriera di attrice. Il richiamo a trasferirsi in Messico per approfondire questa tecnica è dettato dal clima di rinascimento artistico legato alla rivoluzione sociale che il paese stava vivendo. Qui frequenta i gruppi dei più noti esponenti dell’arte di quegli anni tra cui Frida Khalo e Diego Rivera e, influenzata anche dal clima delle avanguardie proveniente dall’Europa, inizia a ritrarre soggetti architettonici e di uso comune, oltre che elementi naturali come fiori e piante che attraverso il suo obiettivo prorompono nella scena con tutta la loro espressività, in un’estetica affine al Surrealismo, come le immagini delle Calle del 1924.

Soggetti e dettagli inanimati come uno scorcio di tela e un tendone da circo prendono vita con la stessa forza dei ritratti realizzati a belle donne messicane come Dolores del Rio o una sconosciuta di profilo il cui collo è messo in risalto da un orecchino pendente.

Non arte ma oneste fotografie senza distorsioni e manipolazioni” così scriveva Tina nelle lettere indirizzate a Weston e poi a Xavier Guerrero. Gli scatti realizzati per esempio per le strade di Città del Messico infatti non nascondono nulla allo sguardo, né la povertà come nel significativo fotomontaggio “Eleganza e povertà” del 1928, né le lotte quotidiane della gente comune dove la fatica è quasi omaggiata dallo sguardo della fotografa, come in “Uomo che porta il fieno”.

La vicinanza alle persone e l’impegno socio-politico abbracciato da Tina sono sempre più evidenti nelle foto dedicate ai campesinos, come quelle che li vedono intenti nella lettura del giornale “El Machete”, a sottolineare l’importanza della cultura e soprattutto dell’informazione come base per il cambiamento. Messaggio che si manifesta anche simbolicamente in una serie di nature morte con due soggetti ricorrenti, falce e martello, accompagnati da elementi della cultura messicana quali sombreri e strumenti musicali, per non dimenticare quanto sia importante, pur nella fatica, continuare a coltivare ciò che eleva l’uomo.

Emblematici anche i quattro scatti dedicati alle mani dei lavoratori, come quelle di una lavandaia o un marionettista, che con con tutta la loro forza espressiva donano dignità al lavoro manuale e bellezza alla semplicità dei gesti umili.

Ultima parentesi felice della sua vita di donna e fotografa sono le foto che ritraggono l’etnia di Tehuantepec. Donne con i loro abiti tipici e bambini immortalati in momenti della quotidianità con scatti istintivi che si avvicinano al reportage e ne restituiscono tutta la naturalezza.

Gli scatti dedicati al suo grande amore, Julio Antonio Mella, segnano invece un punto di rottura. Il giovane politico viene infatti assassinato mentre passeggiano insieme. La celebre foto che lo ritrae di profilo e poi il primo piano dopo la sua morte diventano testimonianze di una spaccatura dopo cui nulla sarà più come prima. Dato il suo attivismo politico infatti Tina Modotti viene accusata di essere complice dell’omicidio del compagno e da quel momento, indagata di complottismo, costretta a lasciare il Messico.

Trova rifugio in Russia, in Germania dove conclude la sua carriera di fotografa, e Spagna prestando soccorso alle vittime civili della Guerra e dedicandosi completamente all’impegno umano, soprattutto verso i bambini. L’intento sociale che era riservato alla fotografia ora si riversa in un’azione diretta sul campo. Riesce a tornare in Messico nel 1939 ma senza macchina fotografica al collo. Questa donna libera che ha sempre rispettato se stessa senza mai cedere a compromessi si spegne a 46 anni a causa di un infarto, sola, mentre tornava a casa in taxi.

Numerosi artisti le hanno reso omaggio dopo la sua comparsa, tra cui il poeta Pablo Neruda. A conclusione della mostra una poesia il cui messaggio è rivolto ai gesti e all’impegno della donna che riecheggeranno in chi rimane facendo sì che la sua lotta lacerante non sia stata vana.

“Un mondo marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella.
Avanzano ogni giorno i canti della tua bocca
nella bocca del popolo glorioso che tu amavi.
Valoroso era il tuo cuore.

[…]

Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,
quelli che da tutte le parti, dall’acqua, dalla terra,
col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo.
Perché non muore il fuoco.”

(Pablo Neruda, 5 gennaio 1942)

TINA MODOTTI. Donne, Messico e libertà
1 maggio – 7 novembre 2021

MUDEC. Museo delle Culture
Via Tortona 56
02 54917