Vi abbiamo presentato qualche settimana fa “Il sole nasce per tutti” di Lucia Gravante incontrata per una chiacchierata in cui ci ha raccontato la sua visione riguardo a temi importanti riguardo a giovani e non solo. Questo libro è infatti un messaggio destinato a loro ma, forse, anche agli adulti che hanno il compito di indirizzarli e sostenerli.
Una delle prime cose che traspaiono dal tuo libro è un profondo senso di onesta. Qual è stata la spinta a scriverlo raccontandoti in maniera così aperta?
La necessità di poter comunicare in modo diretto con i giovani. Io ero refrattaria ai social ma durante la Pandemia ho pensato di dovermi avvicinare a loro attraverso questi canali. Ho percepito di ritorno il bisogno e anche l’apertura ad affrontare quello che provano, soprattutto in relazione all’altro, in maniera così onesta che non potevo essere da meno. Mi sono resa conto che il mio vissuto, nonostante gli anni di differenza, è uguale ai loro. Non sono cambiati l’insicurezza, la difficoltà nel stare al mondo prendendo quello che c’è di buono per lavorare invece sugli aspetti negativi in maniera costruttiva. Ed è servito anche a me, quindi ha una doppia utilità.
Infatti è forte la percezione che tra le pagine ci sia un messaggio.
Sì, perché oggi pretendiamo tanto dai giovani spesso tacciandoli di irresponsabilità. Ma dobbiamo chiederci se come adulti stiamo dando un buon esempio. Se penso alla mia gioventù immagino che mi sia andata bene perché ho avuto un tempo di maturazione più lungo, mentre ora è tutto più veloce. E per questo c’è bisogno di un supporto, una direzione, ed è quello che ho voluto comunicare.
C’è una parola significativa che compare nel libro: responsabilità. Come la intendi?
È la consapevolezza di poter agire sulla propria vita, cambiare visione, modo di pensare. Rappresenta una grande possibilità, quella di andare oltre modificando anche la percezione del proprio limite. Questo comporta anche la possibilità di fallire che fa parte della vita e bisogna prenderne atto. Tutti i problemi sociali (vedi bullismi e femminicidi) nascono dall’incapacità di percepire un limite, anche questo va trasmesso ai più giovani.
Altro tema attuale, e non solo per la situazione che stiamo vivendo, è la solitudine. L’individualismo dilaga, si è perso il senso della socialità e dello scambio. Cosa ne pensi? C’è qualche speranza?
Il fatto che appena ci hanno comunicato le restrizioni ci siamo sentiti persi fa capire quanto stiamo bene solo in relazione agli altri. L’individualismo è una scusa. Abbiamo la tendenza a vedere l’altro come qualcosa di negativo e diverso da noi come se il nostro fosse l’unico valore. Pensiamo illusoriamente di intrattenere reali relazioni dentro le mura di una stanza mentre la tecnologia diventa alibi per allontanarci ulteriormente, anche da noi stessi, dal malessere che pensiamo così di evadere.
Il primo passo per il cambiamento è l’amore verso sé stessi, ma non è così facile da raggiungere come sembra. Quanto è stato difficile per te questo passaggio?
Per anni sono scappata da me stessa e da tutti auto alimentando la mia solitudine col pensiero che chiunque avrebbe comunque visto quello che vedevo io, il fatto di non essere abbastanza. Poi ho iniziato a chiedermi: ma ognuno non può essere quello che è senza conformarsi a dei canoni?
Penso che ognuno sia meraviglioso a suo modo anche se la comunicazione di massa tende sempre a farci credere il contrario, mentre la diversità è un’opportunità se la cogli come la possibilità di migliorarti senza fuggire da un confronto sano con l’altro.
Un altro tema importante e che i giovani, e non solo, devono affrontare oggi è quello del rapporto col proprio corpo. Cosa vorresti dire loro?
Oggi purtroppo i social alzano un po’ l’asticella del confronto. Ma non si può correre all’infinito per raggiungere canoni inarrivabili e magari lontani da noi. Tocca farsi bastare ciò che si ha, che non vuol dire adattarsi ma trovare l’armonia in quello che abbiamo. Anche un certo modello di bellezza femminile è ormai retrogrado, non posso pensare di funzionare come donna se sono solo in un certo modo. Ma anche in questo gli adulti e chi si occupa di comunicazione dovrebbero dare l’esempio.
Io rivendico il mio diritto ad avere le occhiaie!
Pensi che questo momento di difficoltà possa essere visto anche come un’opportunità?
Si può provare a utilizzare questo momento per migliorare le cose, anche questa sorta di zona neutra in cui siamo può essere sfruttata a nostro vantaggio, come un punto di partenza. Anche perché focalizzarsi solo sulla sofferenza peggiora il proprio stato creando un circolo vizioso.
Non sempre è facile appellarsi al coraggio e alla speranza che ci trasmettono queste pagine ma è molto bella l’idea che ognuno possegga in sé il seme del cambiamento, un ultimo consiglio per non mollare?
Purtroppo si è persa nel tempo l’idea che se una persona ci è riuscita ci possono riuscire tutti. Chiunque può andare oltre a uno stato di sofferenza ma abbiamo smesso di crederci, sta tutto nell’imparare a vedere le cose in un certo modo, sapere che esiste questa possibilità perché fa semplicemente parte del nostro patrimonio umano. E soprattutto è importante continuare a portare questo messaggio ai giovani.

Dal mare sono approdata a Milano ormai 15 anni fa, la frenetica città è diventata così culla della mia formazione mentre le radici rimangono piantate tra salsedine e pini marittimi, in equilibrio nostalgico tra passato e presente.
Da sempre proiettata verso l’esigenza di esprimermi in maniera creativa, ho deciso di assecondare questa tendenza e studiare arte e poi moda, per poi scoprire che la cosiddetta “creatività” è applicabile a ogni ambito dell’esistenza, quando parliamo col vicino di casa, andiamo a far la spesa o ci si intasa il lavandino, quando cuciniamo per dieci persone con due ingredienti nel frigo o cerchiamo di far quadrare i conti alla fine del mese.
Come un’ape in cerca del polline vago tra i miei molteplici interessi, alcuni sfumati nello scorrere degli anni e altri ancora in auge. Tra i fiori verso cui attingo al momento ci sono i libri, lo swing, la pittura, il vino e il cibo, il teatro, lo studio dello yoga e di uno stile di vita più “umano”. La scrittura, invece, è rimasta costante della mia vita.
Scrivo da quando ho iniziato a dare senso compiuto alle parole, inizialmente per istinto e necessità e poi per passione, prediligendo in assoluto il gesto postumo di correggere per cento e più volte il testo battuto di getto sulla tastiera. Sono incuriosita da tutto ciò che è comunicazione (compreso il silenzio), quel ponte tra noi e il mondo ultimamente troppo sottovalutato.